Amarcord.....di Bidoni

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Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da tarantocalcio » 10.12.07 - 19:27

ho pensat di aprire questo topic per parlare delle cosidette "meteore" ke sono passate nel nostro campionato,comincio io...

Hugo Enyinnaya, la perla nera del Bari

Era il gemello del gol di Antonio Cassano, ai tempi dal Bari, ma ora boccheggia nella serie B polacca. Strana storia quella di Hugo Enyinnaya: dalle stalle alle stelle e ritorno. Tante, troppe peripezie per un ragazzo di 26 anni. Proviamo a ricostruire la sua traiettoria.

Ugochukwu Michael Enyinnaya, detto “Hugo”, nasce l’8 maggio 1981 a Warri, cittadina nigeriana di circa 500.000 abitanti che sorge sul delta del Niger. A 16 anni già debutta in prima divisione, con la prestigiosa maglia dell’Eagle Cement di Port-Harcourt (ora conosciuto come Dolphins FC). L’anno successivo, nel 1998, viene mandato a farsi le ossa in seconda serie con il FC Ebedei di Lagos, un club da sempre particolarmente aperto ai rapporti con il calcio europeo; qualche anno dopo porterà alla ribalta Stehpen Makinwa, attuale ariete della Lazio. Proprio nell’estate del 1998, Hugo viene notato dagli osservatori del RWD Molenbeek, club belga che nel 2002, unendosi con il KFC Strombeek, darà vita al Brussels. All’arrivo del nigeriano, l’RWD è appena retrocesso in serie B e versa in condizioni economiche disastrose. Nonostante i 17 anni da poco compiuti, dunque, Hugo gioca praticamente da titolare in attacco, collezionando alla fine 20 presenze e 6 gol all’attivo: decisamente non male, per un adolescente al primo impatto con l’Europa. Le sue reti non servono a riportare il Molenbeek nella Jupiter League – impresa disperata in partenza, la risalita avverrà solo nel 2001 –, ma pubblicizzano molto il nome di Enyinnaya, che nel frattempo approda anche alla Nazionale Under 20. Con la rappresentativa biancoverde disputerà sei delle gare di qualificazione a Sidney 2000, segnando anche un gol contro il Benin (3-1 il risultato finale), e giocando prevalentemente da ala sinistra. Tuttavia non verrà convocato per la competizione olimpica, durante la quale la Nigeria si troverà ad affrontare anche l’Italia. Ma torniamo ai club: nell’estate del 1999, come detto, Hugo è ancora al Molenbeek, ma il suo nome è sul taccuino di molti direttori sportivi. Tra questi il barese Carlo Regalia, che un paio di mesi prima era stato in Belgio per osservare da vicino il centrocampista Azubiche Oliseh, fratello del più noto Sunday, in forza all’Anderlecht. La partita scelta da Regalia vedeva opposti i viola proprio al RWD Molenbeek, ma alla fine non era stata disputata, causa maltempo. Regalia, allora, aveva deciso di dare ugualmente un’occhiata all’allenamento del RWD. ''Hugo - ricorda il barese - mi colpì subito: lottava su ogni pallone, correva, tirava di prima intenzione''. Insomma, è amore a prima vista, e come tutti gli amori colpisce quando meno te lo aspetti. A luglio Regalia torna in Belgio, e propone a Enyinnaya un provino di 10-15 giorni; questo va a buon fine, e dunque il nigeriano firma un contratto quinquennale con i galletti, che sborsano circa 200 milioni di lire (ossigeno per le casse malandate del Molenbeek) per il suo cartellino. Per la cronaca, la carriera di Azubiche Oliseh proseguirà piuttosto in ombra: ora è a Cipro, con l’AEK Larnaca. Giusto per dire ai tifosi del Bari: alla fine, non è che vi siete persi poi tanto…

Data la giovanissima età – è appena diciottenne – Hugo viene aggregato alla formazione Primavera, un team già parecchio solido che l’anno precedente aveva vinto la coppa Italia di categoria. I suoi compagni lo accolgono con calore e simpatia: tra questi, c’è anche un burlone doc come Antonio Cassano. Il nigeriano ci mette del suo in quanto a folklore: sistematosi in una singola dell’albergo che funge da ritiro casalingo della squadra, i primi giorni sceglie di dormire sul pavimento. “I materassi italiani sono troppo morbidi”, afferma. In campo Hugo fa faville: mister Angelo Sciannimanico lo schiera in attacco proprio al fianco di Cassano, e il nigeriano ripaga subito con una caterva di gol. Le gesta dei due giovanissimi talenti giungono alle orecchie del tecnico della prima squadra, Eugenio Fascetti, che con il coraggio che da sempre gli è consueto decide di approfittarne, convocandoli tra i “grandi” a scaldare un po’ la panchina. Hugo gioca qualche minuto in casa con il Torino, il 17 ottobre, poi non viene neanche convocato per diverse domeniche consecutive, concentrandosi sul torneo Primavera. Ma la sorte gioca ancora una volta a favore del nigeriano: infatti tra il 5 e l’8 dicembre Fascetti perde per infortunio i due attaccanti titolari, Yksel Osmanovski e Phil Masinga, e con Spinesi unica punta a disposizione sia Cassano che Enyinnaya cominciano a vedere il campo con una certa frequenza. Il barese esordisce da titolare il 12 dicembre nel derby contro il Lecce, per il nigeriano il debutto dal primo minuto è rinviato alla settimana successiva. E’ il 18 dicembre 1999: una data storica sia per Hugo che per il tifo barese in generale. Il Bari gioca in casa contro l’Inter (anticipo del sabato, alle 20.30) e Fascetti risponde alla coppia nerazzurra Zamorano-Vieri con il duo Enyinnaya-Cassano, le cui età sommate arrivano 35 anni. Al ‘7 minuto Jugovic sbaglia un retropassaggio, Hugo ne approfitta e da circa 30 metri lascia partire un bolide che lascia pietrificato Peruzzi: è l’1-0, lo Stadio San Nicola impazzisce letteralmente. Qualche minuto dopo pareggia Vieri, ma Cassano a un minuto dal novantesimo fissa il 2-1 finale. Il giorno dopo, la stampa sportiva non parla d’altro. Per tutti quella diventa “la notte magica di Cassano ed Enyinnaya”: già, sempre prima Cassano e poi lui, il nigeriano, leggermente più in ombra. Ma che ci vuoi fare: Cassano è barese di nascita, ha la faccia da bravo ragazzo ed è un anno più giovane. Normale che la copertina sia per lui; per Hugo, al massimo, le prime pagine interne. Nessun dramma: il gol da cineteca e il 7 in pagella assicurano comunque al nigeriano un sereno Natale ed un posto da titolare nel match successivo contro la Roma, e poi 45 minuti in casa con il Venezia. Qui Hugo va in gol di nuovo, stavolta di testa, battendo Konsel a cinque minuti dalla fine. Poi, complice anche un infortunio, si vede sempre meno: qualche scampolo non indimenticabile contro Bologna e Milan, mentre Fascetti recupera Osmanovski, scopre il cileno De Gregorio e si innamora dell’estro di Cassano. Per rivedere Enyinnaya in campo dal primo minuto bisogna attendere Bari-Cagliari del 2 aprile: sarà l’ultima volta (eccezion fatta per la gara di Piacenza, che lo vede però uscire dopo mezz’ora) fino al termine del campionato. L’anno successivo Hugo, laureatosi nel frattempo Campione d’Italia con la formazione Primavera dei pugliesi, sale definitivamente nella rosa principale. Durante il ritiro estivo torna a far parlare di sé a causa di un quasi-record: su richiesta del preparatore atletico Fiorillo, Enyinnaya corre i 200 metri in 22 secondi netti, a piedi scalzi. Numeri da corridore professionista, più che da calciatore, che tuttavia non gli consegnano il posto da titolare a scatola chiusa. Il nigeriano peraltro si infortuna di nuovo e rivede il campo solo a dicembre, nel match esterno contro il Perugia. Mentre il suo “gemello del gol” Cassano è ormai titolare inamovibile, Hugo fa fatica a trovare spazio e parte dal primo minuto solo a gennaio, contro la Roma all’Olimpico. Contro la Reggina gioca bene e si procura anche un rigore che regala il 2-1 a pochi minuti dalla fine. Segue qualche fugace scampolo di partita, fino all’infortunio di marzo con il quale dice prematuramente addio alla stagione 2000/01. Intanto il Bari retrocede in B e Cassano si trasferisce alla Roma: tutto fa pensare, dunque, che Hugo possa trovare maggiori possibilità di entrare in campo. Le cose non vanno proprio così: nella serie cadetta Valdes e Spinesi partono in pole position, e alla fine della stagione il nigeriano conterà soltanto 9 apparizioni, tutte da agosto a gennaio, più un gol segnato a settembre contro il Palermo. L’entusiasmo è progressivamente scemato, e il giocatore viene anche alle mani con Neqrouz durante un allenamento. E’ arrivato per lui il momento di cambiare aria.

Nell’estate del 2002 Enyinnaya si trasferisce in prestito al Livorno, sempre in serie B. Qui forma una discreta coppia d’attacco con Igor Protti, e le cose sembrano andare subito per il verso giusto. Il 22 settembre, alla sua seconda apparizione, segna un gol dopo neanche 20 secondi dal suo ingresso in campo, contro la Triestina: il tempo di ricevere il primo pallone giocabile, sulla fascia destra, e dopo un'improvvisa accelerazione il nigeriano quasi dal limite dell'area, supera Pagotto con un diagonale perfetto. “Enyinnaya fulmine del Livorno”, titola il giorno dopo la Gazzetta dello Sport. Le occasioni per giocare non mancano; a scarseggiare, invece, sono le marcature. In 17 incontri disputati, Hugo andrà a segno soltanto 2 volte (il già citato gol contro la Triestina, e quello contro il Lecce di qualche mese dopo). Una media-gol decisamente insufficiente per un attaccante, tant’è che il Livorno non lo conferma per la stagione successiva. Nell’estate 2003 il Bari lo richiama alla base, ma il tecnico Tardelli gli riserva uno spazio davvero esiguo: il nigeriano va in gol il 12 ottobre contro l’Ascoli, ma non parte mai da titolare e a gennaio prova nuovamente a cambiare casacca. Sempre in prestito, tenta un’esperienza al Foggia, in serie C1. Stavolta la concorrenza nel reparto offensivo non è certo stellare (Marra, Del Core e Imbriani), e dunque si presume che il ragazzo non possa trovare problemi di inserimento. Eppure Hugo non va oltre 7 presenze e un gol. La sua esperienza in Italia si conclude qui. Nel frattempo, l’amico ed ex compagno di squadra Antonio Cassano guadagna miliardi e segna gol a raffica con la maglia della Roma. E pensare che quel 18 dicembre 1999 Enyinnaya segnò prima di lui, peraltro con un gol di migliore fattura…

Il contratto con il Bari non viene rinnovato, e nell’estate del 2004 Hugo si ritrova praticamente disoccupato. Fa un provino con gli ungheresi del Debrecen, ma lui stesso racconterà in seguito: “Mi dissero ‘Ti prendiamo, ma i soldi li vedrai più avanti’. Ovviamente non accettai”. Lo chiama allora Marek Kozminski, meteora del Brescia (ricordate la teoria? Meteora chiama sempre meteora), per giocare nel Gornik Zabrze, club polacco da lui presieduto. Ci resta un anno, collezionando la miseria di 3 sole presenze. Il nigeriano, nonostante il conforto della sua fidanzata e poi moglie Alessandra (nigeriana anche lei), si deprime, fatica ad ambientarsi e ha problemi con la lingua. Nel 2005 prova al Lechia Zielona Gòra e poi all’Odra Opole, entrambi club di seconda divisione polacca. Con quest’ultimo club ha trascorso gli ultimi sei mesi: gioca quasi sempre da esterno di centrocampo, e quantomeno scende in campo con continuità, dato il bassissimo livello della competizione. Recentemente ha dichiarato ai colleghi di BariSera: “C'è la possibilità di andare a giocare in Svizzera. Ci spero, vediamo cosa succederà. Ho voglia di andarci, qui va un po' così, l'allenatore è polacco, lui parla e qualcuno mi spiega. I miei compagni parlano solo polacco, è difficile comunicare e fare amicizia. Quando arrivo al campo, oltre il buongiorno abbiamo poco da dirci". Commovente un passaggio dell’intervista: “Mi piacerebbe portare mia moglie a visitare Bari, una città che mi è rimasta nel cuore”. L’accoglienza dei tifosi, c’è da scommetterci, sarebbe davvero affettuosa. E chissà che, rivedendolo girare per le vie della città, a qualche dirigente biancorosso non venga la tentazione di riprenderlo…
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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da Rossazzurro » 10.12.07 - 19:29

Gli interisti ricorderanno sicuramente Darko Pancev
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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da Martina » 10.12.07 - 19:55

...e i milanisti Rivaldo :D
Amo la mia citta' ma so' che lei non mi ama
e soffro come chi si innamora di una p.uttana

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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da eagles » 10.12.07 - 20:12

...e perche i juventini dovrebbero dimenticarsi delle discese sulla sinistra dell'incontenibile ATHIRSON? :lol:
"l'eternità è il lasso di tempo che intercorre tra l'assegnazione dei minuti di recupero e il fischio finale quando la tua squadra sta vincendo 1 a 0."
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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da rossoblu » 10.12.07 - 20:27

sempre x gli juventini il "capocannoniere" RUSH!!!
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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da ArsenalTaranto » 10.12.07 - 20:37

bhé allora xke nn parlare di ESNAIDER....
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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da eagles » 10.12.07 - 20:43

guai a voi se mi dite che il vice zidan-O'NEILL e MIRKOVIC non erano grandi campioni!
"l'eternità è il lasso di tempo che intercorre tra l'assegnazione dei minuti di recupero e il fischio finale quando la tua squadra sta vincendo 1 a 0."
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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da tarantocalcio » 11.12.07 - 14:27

Ronnie O'Brien, l'investimento irlandese della Juventus


Un sondaggio del sito ufficiale della Juventus lo eleggeva come miglior giocatore del 1999, e per poco non finiva anche nella classifica internazionale dei “Personaggi del Secolo”. Eppure, l’irlandese Ronnie O’Brien in Italia ha lasciato veramente poche tracce di sé. Come mai, allora, quelle onorificenze? Leggete e capirete…

Ronnie O’Brien nasce il 5 gennaio del 1979 a Bray, piccola città costiera situata nell’Ovest dell’Irlanda, a circa 20 chilometri da Dublino. E’ il secondogenito maschio di una famiglia come tante: dopo di lui, sulla porta di casa verranno attaccati altri due fiocchi rosa. Inizia a giocare a calcio nella squadra della sua scuola, con qualche parentesi in piccolissimi club come il Wolfe Tone, il Wayside Celtic, il St. Joseph's Boys e il Bray Wanderers. Ma è proprio nella rappresentativa scolastica che Ronnie dà il meglio di sé. Un allenamento e una partita ogni settimana: ritmi bassi, diremmo noi, ma congeniali al giovanissimo centrocampista, che tra un pacco di biscotti e un barattolo di conserva – lavora infatti come commesso in un supermercato – regala giocate di alto livello. Se ne accorge il Middlesbrough, che un po’ a sorpresa lo chiama a far parte della propria rosa: in realtà Ronnie vantava già qualche convocazione con la Nazionale irlandese Under 18, con la quale proprio durante l’estate del trasferimento vince il Campionato Europeo (battendo la Germania ai rigori). Insieme a lui, in quella Irlanda vittoriosa, figurano nomi del calibro di Damien Duff e Robbie Keane (proprio lui, la meteora interista!). La stagione 1997/98, dunque, segna il debutto dell’appena maggiorenne O’Brien nel calcio professionistico. Al Boro, in realtà, tira una brutta aria: il club è finito in serie B dopo una penalizzazione per fatti giudiziari, e l’ansia di risalire la china fa sì che non ci sia molto spazio per i meno esperti del gruppo. I ‘vip’, del resto, abbondano: l’anno precedente erano sbarcati direttamente dall’Italia Gianluca Festa e Fabrizio Ravanelli – presenze fatali, come si vedrà –, e a gennaio la società decide di chiamare in soccorso addirittura Paul Gascoigne. Ronnie non riesce ad entrare mai in campo; tuttavia, come dirà in seguito, fa tesoro degli insegnamenti del mister e dei più scafati compagni di squadra. La promozione in Premier League, alla fine, viene centrata, ma il cambio di categoria non giova affatto ad O’Brien, che l’anno successivo si ritrova ancora a fare la spola tra la panchina e la tribuna. Solo la Nazionale sembra ricordarsi di lui, e infatti le uniche occasioni per veder giocare il ragazzo sono le partite dell’Under 21 irlandese. Nell’estate del 1999, però, Ronnie decide di dare una svolta importante alla sua carriera. E per un calciatore irlandese di 20 anni, quasi del tutto sprovvisto di esperienza, reduce da due stagioni non brillanti in Premier League, c’è una sola possibilità per ‘fare il botto’: avere un ottimo procuratore. Purtroppo TMW ignora chi sia – se qualcuno può aiutarci, ci contatti! -, ma sicuramente può essere definito un vero e proprio mago del calcio colui il quale riuscì a far sbarcare il giocatore in uno dei club più prestigiosi del mondo: la Juventus. Sarà stato Fabrizio Ravanelli, ex con il dente un po’ avvelenato, a consigliarlo alla dirigenza bianconera, per puro scempio? Fatto sta che in quell’estate del 1999 si consuma uno dei trasferimenti più clamorosi e inspiegabili della storia del calcio: O’Brien firma un contratto di cinque anni con la Juventus, un vero e proprio investimento sul futuro del ragazzo da parte dei dirigenti torinesi. Le cifre dell’affare a tuttoggi sono ignote. Le motivazioni pure. Servirà, forse, un’altra Calciopoli per fare chiarezza…

A Torino, come a Middlesbrough nel 1997, il ventenne O’Brien trova un clima abbastanza teso. L’anno precedente i bianconeri si erano qualificati settimi in campionato, con conseguente rinuncia alle competizioni europee. Il progetto prevede una riscossa immediata, ma l’occhio vigile di Luciano Moggi sembra essersi appannato: in poche settimane arriva un’infornata di meteore composta da Bachini, Oliseh, Van der Sar e il nostro amico O’Brien, i quali si aggiungono ai già presenti Mirkovic ed Esnaider. Dirige l’orchestra il maestro Carlo Ancelotti. L’arrivo di O’Brien, come detto, lascia tutti sbalorditi e contenti: del resto se a 20 anni, da perfetto sconosciuto, firmi un contratto di cinque anni con la Juventus, agli occhi del profano sei un fenomeno destinato a esplodere in breve tempo. Si sprecano i paragoni con Liam Brady, l’unico irlandese ad aver assaporato prima di allora la serie A, e anche lì grazie alla lungimiranza della Juventus (che lo aveva preso, però, dall’Arsenal: stagione 1980/81). Per Robbie, manco a dirlo, è un sogno. “Un’esperienza straordinaria – ricorda oggi –. Ero entusiasta già da quando mi alzavo al mattino: non vedevo l’ora di allenarmi”. Del resto, il ragazzo più che allenarsi fa poco altro. Impiegato come centrocampista di destra, O’Brien fa vedere qualcosina durante il pre-stagione e timbra il cartellino in Coppa Intertoto. Sarà quella, alla fine, l’unica sua traccia lasciata in maglia bianconera. La partita è Juventus-Rosteselmash Rostov, si gioca allo Stadio Dino Manuzzi di Cesena e i bianconeri hanno già vinto 0-4 all’andata in Russia (con Ronnie in panchina). Al 77esimo – un minuto dopo aver assistito al 5-1 della ipertranquillità – Ancelotti decide di mandare in campo anche O’Brien al posto di Mirkovic. Circa 10 minuti, insomma, a risultato già clamorosamente acquisito: una bella iniezione di fiducia, non c’è che dire! Peraltro l’irlandese ha la sfortuna di essere completamente ignorato, il giorno dopo, sui giornali: infatti in quella partita Del Piero torna in campo dopo nove mesi di assenza e segna pure un gol, aggiudicandosi tutti i titoli e i sottotitoli dei quotidiani sportivi. Tra il centrocampista e la società bianconera qualcosa si rompe. A settembre il ragazzo viene già mandato in prestito, e la destinazione non è tra le più prestigiose: trattasi del Lugano, serie A svizzera, club che l’anno prima aveva preso in prestito dal Milan un certo Nelson Dida. Ma stavolta l’esperimento non è altrettanto felice: O’Brien ‘vede il campo’ per 8 volte, dopodiché viene caldamente invitato a trovarsi un’altra squadra. A gennaio finisce addirittura al Crotone, in serie B, dove incontra la meteora Cyprien: qui non si vede mai, neanche in panchina. Nell’estate del 2001 torna alla Juve ma solo per pochi giorni: di nuovo un prestito, stavolta in serie C1, con la speranza che almeno collezioni qualche presenza, giusto per salvare la faccia. Si ritrova a Lecco, agli ordini di mister Bruno Giordano, dove ancora una volta scende in campo solo 8 volte. “Sarà l’aria italiana a fargli male” pensano forse alla Juve, facendo comunque un torto geografico alla pur vicina Lugano. Nel gennaio 2002 si prova allora a darlo in prestito in Scozia, al Dundee United, ma anche qui il giocatore non va oltre le 6 presenze in campionato (ci si mette di mezzo anche un infortunio), condite tuttavia da un gol. In estate la Juve lo scarica, definitivamente. Anche se lui, a posteriori, racconta un’altra versione: “Continuavamo a dirmi che avevano dei progetti su di me per il futuro, ma io ero stanco di questi continui prestiti, peraltro in piccoli club. Così ho preferito andare via. L’unico della Juve con cui ho avuto un ottimo rapporto è stato Roberto Bettega: parlava un perfetto inglese, e mi ha sempre trattato con onestà e schiettezza. Quando gli ho detto che sarei andato a giocare in America è stato contento, perché se avessi fatto bene in un altro club europeo, la Juventus, che mi stava lasciando andar via, avrebbe fatto una brutta figura”. Smettetela di ridacchiare. A luglio 2002, dunque, Ronnie O’Brien lascia la Juventus e l’Italia, recriminando anche di non aver ricevuto alcuni pagamenti dalle squadre nelle quali era stato in prestito (“A volte mi pagavano solo l’albergo, ma non avevo soldi da spendere”, racconta). Eppure, ci credereste se vi dicessi che questo ragazzotto irlandese è stato votato nel 1999 come miglior giocatore della Juventus, scavalcando gente come Zidane e Del Piero? Tutto vero: in quell’anno un gruppo di studenti irlandesi, con uno scambio di mail a catena, decise di “truccare” il sondaggio di Juventus.it, riuscendo a far eleggere O’Brien (mai impiegato, come si è detto) come migliore della rosa, con il 32% delle preferenze. Un mese dopo la stessa comitiva di buontemponi riuscì a farlo entrare nella graduatoria dei “Personaggi del Secolo”, in un sondaggio web condotto dall’autorevole rivista americana “Time Magazine”. Qui O’Brien, sempre grazie al solito passaparola via mail, scalzò i vari Einstein e Martin Luter King attestandosi nelle prime posizioni, prima di essere eliminato dalla giuria selezionatrice. E menomale che allora TMW non aveva ancora lanciato il “Cercasi Calciatore Disperatamente”…

Come detto, nell’estate del 2002 O’Brien si trasferisce nel campionato statunitense, e precisamente al Dallas; qui le cose sembrano andare subito per il verso giusto, tanto che segna il suo primo gol negli USA a un quarto d’ora dal suo esordio, consentendo ai suoi di battere il San José per 2-1. L’anno successivo è costretto a fermarsi a lungo per un brutto infortunio alla tibia, ottenuto in uno scontro di gioco con l’ucraino Dema Kovalenko. Ma nel 2004 Ronnie – dopo aver meditato addirittura di lasciare il calcio giocato – ritorna in forma smagliante: 29 presenze, 2 gol e 10 assist, numeri che gli valgono la presenza nel “MLS Best 11” di quella stagione. Per il Dallas è ormai un punto fermo: l’anno successivo mette a segno ben 8 reti confermandosi tra i migliori dei suoi. Nel 2006 una mezza lite con il tecnico Colin Clarke condiziona un po’ il suo rendimento, e a fine stagione decide di accasarsi al Toronto, in Canada. Lascia, comunque, da idolo incontrastato della tifoseria. Nella Major League, che è iniziata ad aprile, O’Brien fino a questo momento ha collezionato otto presenze, ed è titolare inamovibile. Ora che le cose girano per il verso giusto e l’età non è ancora troppo avanzata (Ronnie ora ha 28 anni), c’è chi caldeggia un suo ritorno nella Nazionale irlandese. Ma lui non ha fretta: con sua moglie Vicki sta vivendo finalmente un momento felice della sua vita, e vuole goderselo. Gioca a golf quasi tutti i giorni, si diverte con la Playstation, ascolta tanta musica (soprattutto rap), guarda film in dvd (“The Snatch” il suo preferito). In una recente intervista, ha affermato che vorrebbe andare a cena con Zinedine Zidane, Bill Clinton e Lee Harvey Oswald, il presunto assassino di Kennedy. Ne verrebbe fuori un convivio sicuramente fuori dagli schemi. Insomma, Ronnie O’Brien ora è sereno, e in fin dei conti se lo merita. Quando si dice “aver trovato l’America”.
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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da Rossazzurro » 11.12.07 - 16:16

Ricordate Trotta della Roma che quando giocava per il Velez segnò un gol contro il Milan nell'Intercontinentale?
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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da Rossazzurro » 11.12.07 - 16:17

e come non ricordare Dennis Bergkamp? Autentico bidone per il nostro campionato ma grande campione all'Arsenal?
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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da Martina » 11.12.07 - 21:43

Mascarinho ha scritto:e come non ricordare Dennis Bergkamp? Autentico bidone per il nostro campionato ma grande campione all'Arsenal?
Beh..oddio...Bergkamp all'Inter non ha fatto proprio cosi' schifo dai...ce ne son stati mille altri peggio :?
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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da Vis Pesaro » 12.12.07 - 18:52

Martina ha scritto:
Mascarinho ha scritto:e come non ricordare Dennis Bergkamp? Autentico bidone per il nostro campionato ma grande campione all'Arsenal?
Beh..oddio...Bergkamp all'Inter non ha fatto proprio cosi' schifo dai...ce ne son stati mille altri peggio :?
E Robbie Keane, sempre all'Inter ovviamente....

E vi ricordate di Caio?? :lol: :lol: :lol: :lol:
Moratti faceva meglio a prendersi Tizio e Sempronio che erano più forti...
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eagles
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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da eagles » 15.12.07 - 17:05

Ma guarda che Keane con l'Inter non è che abbia fatto così male.. ma per rapporto qualità prezzo forse il migliore è GAIZKA MENDIETA!! se non erro la lazio lo pagò circa 70 miliardi :lol:
"l'eternità è il lasso di tempo che intercorre tra l'assegnazione dei minuti di recupero e il fischio finale quando la tua squadra sta vincendo 1 a 0."
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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da Martina » 15.12.07 - 18:23

beh...io alla Lazio mi ricordo anche di un certo De la Pena :D
Amo la mia citta' ma so' che lei non mi ama
e soffro come chi si innamora di una p.uttana

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Re: Amarcord.....di Bidoni

Messaggio da tarantocalcio » 27.12.07 - 11:46

IL GRANDE ACQUISTO DEL MILAN

Javier Moreno Varela, in campo semplicemente Javi Moreno, è uno di quegli acquisti che ha lasciato il segno nel cuore dei tifosi del Milan: il suo nome infatti rimane uno dei più leggendari tra i pacchi del mercato della storia rossonera, la cui palma va indiscussamente al giamaicano Luther Blisset. Nato a Silla, un paese di 16mila abitanti nella Comunità Valenciana, il 9 ottobre 1974, Javito ha scelto sin da piccolo il ruolo di attaccante in campo: non dotatissimo né tecnicamente né fisicamente, si dimostrava però un centravanti prolifico ed utile al gioco di squadra, tanto da entrare nella prestigiosissima Cantera blaugrana del Barcellona. In maglia Culè però, Javi Moreno non esordisce mai, fatta eccezione per le 10 presenze (con 5 goal) nella stagione 1995/96 disputata nella squadra B dei catalani, nella Seconda Divisione spagnola; la buona media realizzativa di 0.5 goal a gara attira però sul 22enne “delantero” valenciano l’attenzione di diversi club di B, su cui riesce a spuntarla il Cordoba. Al “Nuevo Arcangel”, Javi non replica le buone prove del Barça B, e dunque a giugno, dopo 15 presenze e 0 gol, abbandona anche il biancoverde: scende di categoria, in Tercera Division, nel Yeclano, ma a dicembre ’97 arriva una chiamata che, nonostante un inizio difficile, gli cambierà la vita. E’ quella dell’Alaves, dove Moreno disputa 10 partite con un gol nel 97/97 ma dove “El Raton” diventerà una star qualche anno dopo: in mezzo, prima una buona stagione al Numancia con 18 marcature in 38 partite di Seconda Division. Il ritorno all’Alavés, squadra rivelazione per un biennio infuocato a cavallo della fine del secolo e l’inizio di quello nuovo, lancia Javi nel calcio che conta: 7 goal al primo anno (e qualificazione in Uefa), ben 33 in 34 partite al secondo. Proprio nella stagione 2000/01, Javi Moreno si impone come trascinatore della mitica squadra che si qualificò per la Coppa UEFA 2000/2001, manifestazione nella quale disputa otto partite andando a segno ben sei volte: nella sfortunata finale persa 4-5 contro il Liverpool, Javito timbra il cartellino due volte in tre minuti. Nell’estate 2001, Moreno diventa dunque l’uomo del mercato europeo: su Liverpool, Barcellona e Real Madrid ha la meglio il nuovo Milan, alle prese con la rifondazione di Fatih Terim. Trentuno miliardi di lire il costo per il centravanti, che arriva in tandem con il terzino destro rumeno Cosmin Contra, suo fidato uomo assist in Spagna: in un attacco che annovera Filippo Inzaghi ed Andriy Shevchenko non è semplice per Javi trovare il suo spazio in un Milan che, tra l’altro, parte con qualche difficoltà. Alla fine della stagione, durante la quale la panchina viene divisa tra Terim ed Ancelotti, lo score del “Raton” è di 16 presenze e due gol, più un'altra doppietta in Coppa Italia alla Lazio. Memorabile il match del 24 febbraio 2002, in cui Javi mette a segno una doppietta contro il Venezia in una partita (1-4) crocevia della stagione rossonera: “E’ il Milan di Javi il Supremo” titolava la Gazzetta dello Sport il giorno dopo, pronosticando una rinascita del bomber spagnolo…Pronostico fallito, visto che a giugno il bomber (ma non troppo) valenciano viene impacchettato e rispedito nella penisola iberica, per ben 25 miliardi, all’Atletico Madrid di Jesus Gil: un’occasione quella capitata al duo Galliani-Braida, di perderci il meno possibile in un affare oggettivamente sbagliato, forse rimediato però prima di trasformarlo in un oggetto misterioso. Come viene ricordato dai tifosi rossoneri quel numero 19? “Javi Moreno? Topo Gigio!” vi risponderà la maggioranza. Sarà per quel naso pronunciato, gli occhi stralunati e l’aria buffa. Sarà la traduzione di “El Raton”, suo soprannome di infanzia. Ma Javi Moreno, bomber senza bombe nel piede, è passato agli annali come Topo Gigio: i più attenti si ricorderanno anche i suoi arrivi a Milanello, con il connazionale Josè Mari, a bordo di una modesta (per un miliardario) Opel Zafira, con musica spagnola (prevalentemente il suo gruppo preferito, gli “Estopa”…quando si dice il caso) a tutto volume. Rimpianti? Forse quello di aver pescato uno dei migliori giocatori della stagione precedente, ma senza controllare il suo anonimo passato: un Ricardo Oliveira versione 1.0, direbbero i maligni. Rimpianti di certo non ne ha lasciati neanche a Madrid, dove mette a segno solo 5 gol in 29 presenze in una stagione e mezzo: tanto meno poi al Bolton Wanderers, dove Javi passa a gennaio 2004, rimanendo completamente a secco. Il canto del cigno, o del Topo, in questo caso? Arriva poi a Saragoza, dove nella stagione 2004/05 ha uno score di 18 presenze e 4 gol. Ma che fine ha fatto oggi Javito? E’ tornato quasi 10 anni indietro, al Cordoba: è stato protagonista della promozione dei biancoverdi dalla Terza alla Seconda divisione, realizzando 24 goal in 32 partite. E in questo avvio di anno, ha disputato già 400 minuti in serie B senza l’ombra di una rete. Come a dire, “il Topo” perde il pelo, ma non il vizio!
:cup1: FANTASCHEDINA 2011-12
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:cup1: MANAGER "ATLETICO" SERIE A 2009-10

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