La serie A dei tecnici italiani esordienti...

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La serie A dei tecnici italiani esordienti...

Messaggio da Meridiano » 20.07.09 - 12:17

Non ci sono più le panchine di una volta. Nell’anno del dopo Guardiola, se ne sta accorgendo soprattutto la nostra serie A. Largo ai giovani (di età e/o di esperienza), alle scommesse fatte in casa. Un po’ per moda, molto perché costano e ingombrano di meno.

E se funzionano, il colpo vale doppio. Arriva la nuova onda degli allenatori, spariscono i navigatori più collaudati e decorati. Come Ancelotti. Emigrato lui, l’unico ad aver già vinto lo scudetto per cui combatterà dal 22 agosto si chiama José Mourinho. Uno Speciale, ma portoghese. Zero tecnici italiani già tricolori, in questa serie A. Mai successo, negli ultimi 50 anni. Il torneo 1995/1996, tanto per dire, schierava ai nastri di partenza Trapattoni, Bianchi, Capello e Lippi, oltre a Boskov: 5 scudettati, 4 di casa nostra.

È il prezzo da pagare alla nuova tendenza. Panchine molto meno blasonate, adesso. Gli ex padroni del campionato hanno scelto le Nazionali (Lippi, Capello, Trapattoni), l’estero (Ancelotti) o stanno aspettando l’occasione giusta (Mancini, Zaccheroni). Panchine di A mai così acerbe, anche.

Senza i big, con disoccupati di lusso come Mancini, Ranieri, Delio Rossi, Mazzarri e Mazzone, quest’anno i veterani sono Guidolin, Spalletti e Prandelli, poco più che cinquantenni, e Giampaolo, uno che chissà perché viene ancora considerato un emergente, è il 5° per presenze nella categoria. Ma c’è un dato ancora più illuminante: i 20 allenatori al via mettono insieme appena 52 stagioni di A cominciate come questa da titolari (senza dunque considerare i subentri). È il totale più basso dei tempi recenti. Meno della metà delle 110 stagioni «di esperienza» dei tecnici del 1998/1999, delle 106 del 1999/2000 e delle 105 del 1995/1996.

«Guardiolismo», turnover schizofrenico e la crisi che fa del bilancio più che mai una priorità. Così, quest’anno, sono pronti al debutto assoluto dalla 1ª giornata l’ex direttore dell’area tecnica del Milan, l’ex responsabile del settore giovanile della Juve, un tecnico con all’attivo appena 6 partite di B e un altro che nel bagaglio ha soltanto un campionato di Prima Divisione. Con Leonardo, Ferrara, Ruotolo e Atzori, il nome del 5° esordiente da titolare sorprenderà qualcuno. È Ballardini, nome fra i più in voga. Lotito è stato però il primo presidente di A ad affidargli una squadra fin dal ritiro estivo. Le sue 47 panchine, il pelato romagnolo le ha messe insieme tutte da «riserva»: due volte chiamato a pallone già in movimento a Cagliari, una a Palermo.

Anche la lista di chi alle spalle ha una sola serie A vissuta fin dalla prima giornata non è scontatissima. Comprende chiaramente Mourinho, Allegri e Zenga, matricole un anno fa. Ma anche l’ex ct azzurro Donadoni, che ha il solo precedente del Livorno 2005/2006, l’atalantino Gregucci, che nella stessa annata durò 5 turni a Lecce, e soprattutto i due più stagionati del gruppo. A 61 anni e mezzo, Papadopulo e Ventura riprendono a Bologna e Bari il filo interrotto rispettivamente nel 2003/2004 a Siena e nel 1998/1999 a Cagliari. Finalmente, di nuovo titolari in serie A. Con un’età da pensionandi, ma un entusiasmo da giovani. «Da vecchietto arzillo», conferma Vittorio Russo, il tutor scelto dal Livorno per Gennarino Ruotolo che non ha ottenuto dal Settore Tecnico della Figc la deroga per allenare senza patentino. Ha 70 anni, l’ex vice di Mazzarri alla Samp, ma anche lui è al debutto da protagonista in A. Messa così non è nemmeno un’anomalia, nella stagione delle panchine più «verdi» di sempre.

Chi ha tenuto duro, chi non ha mollato il posto, non la vede come una svolta da condannare a priori. Ma fissa dei paletti. Sentite Gigi Del Neri: «Io sono fautore della gioventù, quindi ben vengano giovani allenatori. Ma sono le idee a fare la differenza e tutti ne abbiamo, anche gli allenatori più esperti». Sulla stessa linea Luciano Spalletti: «Dare spazio ai giovani è una delle mie linee guida, in ogni settore della vita. L’entusiasmo è la forza in più di chi comincia. E nel nostro mestiere sono convinto che nel lavoro sul campo i giovani siano i più bravi. Poi, però, c’è anche la parte relativa all’esperienza e alla gestione mentale in cui vengono fuori le doti di tecnici più navigati».

Pro e contro, insomma. In attesa delle uniche risposte che contano, quelle dei risultati. I presidenti le aspettano sereni: per loro, il conto allenatori quest’anno è già più leggero di 3 milioni di euro. Un bel risparmio. Da investire magari richiamando alle prime difficoltà un big a spasso al posto di una matricola. Perché le nostre panchine non ospitano più i tecnici di una volta ma restano bollenti. Per definizione.


Fonte: lastampa.it
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