omadredediòs!
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Carsten Jancker
Luogo di Nascita:
Grevesmuhlen (Germania)
Data di Nascita:
28/08/1974
Ruolo:
Attaccante
Posizione:
Centravanti
Squadra:
Udinese
Nel nostro campionato si è affacciato un panzer che non ha lasciato rimpianti, che anzi spesso sembrava quasi un pesce fuor d’acqua. Si tratta del mastodontico Carsten Jancker: fisico massiccio, forza fisica impressionante ed un curriculum di tutto rispetto. Proviene dal Bayern Monaco, una squadra mica da ridere, con la quale ha conquistato ben quattro campionati tedeschi, una Champion’s League, una Coppa Intercontinentale e due Coppe di Germania. Tuttavia, nell’ultima stagione in Baviera Carsten non gioca molto e, peggio ancora, non segna. Ha voglia di riscattarsi altrove. Pozzo pregusta il colpaccio e il bomber non si nasconde nella conferenza stampa di presentazione: «Sono venuto a Udine per giocare: sono convinto di togliermi delle belle soddisfazioni. So che qui in Friuli Bierhoff ha giocato molto bene, ma non ho paura del fantasma di Oliver, penso e spero di poter fare altrettanto». Ha giocato anche con la Nazionale tedesca dal 1998 al 2002, con 33 presenze e 10 gol realizzati. Le ottime premesse non vengono confermate: il tedescone si impegna e combatte, ma vede raramente la porta avversaria e spesso fa panchina. Forse era meglio che avesse avuto paura dei fantasmi, visto che il suo bottino sarà imbarazzante nei due anni di permanenza in Friuli: appena due gol. Ad inizio 2004 giunge dal giocatore la proposta di rescissione del contratto, che fa letteralmente saltare di gioia i dirigenti dell'Udinese. La voglia di tornare a giocare in Patria per riscattarsi ulteriormente e i dissapori con Spalletti che lo tiene spesso in panchina lo spingono a prendere questa drastica decisione. Il Kaiserslautern lo accoglie come il salvatore della Patria, ma purtroppo le cose andranno sempre peggio: appena quattro reti il primo anno, mentre il secondo termina anticipatamente con la rescissione del contratto ad inizio Marzo. La parabola calcistica di Jancker sembra quindi destinata a volgere al termine, vista anche l’età. Forse la strada del tramonto era già stata intrapresa nella sua ultima stagione a Monaco.
N.B.:Gioca nel Mattersburg,serie a austriaca.
To be continued..
*tra l'altro quella era la mia faccia,quando vedevo giocare Jancker
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Re: I Bidoni del calcio italiano
FuarceUdin ha scritto:omadredediòs!
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Re: I Bidoni del calcio italiano
Jancker era uno dei miei idoli!
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Re: I Bidoni del calcio italiano
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Abel Xavier
Luogo di Nascita:
Nampula (Mozambico)
Data di Nascita:
18/12/1972
Ruolo:
Difensore,
Centrocampista
Posizione:
Centrale Destro,
Regista
Squadre:
Bari,
Roma
l giovane Abel Xavier si era messo in mostra nel Benfica, gloriosa squadra portoghese che ne aveva esaltato le doti di regista: il Bari, reduce da una tranquilla salvezza, pensa di aver fatto un buon colpo acquistando il talento lusitano allo scopo di affidargli le chiavi del centrocampo, e servire assist per il suo bomber. Risultato: Protti segna a raffica e diventa così capocannoniere con 24 reti, mentre Xavier gioca appena 8 partite, dimostrandosi fin da subito non all’altezza del compito. Nel prosieguo della sua carriera ci sono più dolori che gioie, tanto che pian piano arretra il suo raggio d’azione e si trasforma in difensore (forse la stagione di Bari gli avrà fatto capire che era meglio cambiare ruolo), ma con risultanti ancora incerti. Dopo un lungo peregrinare, nel 2004 va al Liverpool dove non gioca mai, tanto che a fine stagione si accorda con l’Hannover, che poi lo lascia libero, e dal 31 Gennaio 2005 è della Roma: contratto di 6 mesi, a gettone. Il neo acquisto, durante la sua presentazione alla stampa, ha voluto precisare di non essere arrivato in prova: «I provini li ho fatti ad 8 anni», spiega. Il giocatore ha poi dato delucidazioni circa la sua stravagante capigliatura: dice che è una scommessa da lui fatta dopo l’ingiusta squalifica – a suo avviso – di nove mesi comminatagli per il parapaglia scoppiato alla fine della famosa semifinale di Euro 2000: l’obiettivo è quello di ricordare ai giudici della Uefa, con questo suo look che non passa certo inosservato, che lui comunque è ancora vivo. E pronto per il pensionamento. Si distinguerà nella Capitale in ogni modo, cominciando dal look, per concludere con quel passo felpato che ci ha regalato flash di lentezza allo stato puro. Un calciatore d'altri tempi; nel senso che mentre la partita si svolge al presente, lui svolazza leggiadro dentro il passato prossimo. Dopo Mexes e Matteo Ferrari – la “breccia” in luogo del “Muro” che fu Walter Samuel – ecco il portoghese, che non giocava una partita ufficiale dal 21 Maggio: nei test atletici, non a caso, è sempre tra gli ultimi. Nel pieno del caos giallorosso, dopo tre allenatori cambiati e un quarto che continuava a dire di essere provvisorio, Abel Xavier dimostrò di essere l’uomo giusto al posto giusto. Perché lui il caos è capace pure di crearlo, facendo poi finta di nulla. Come appunto nella semifinale dei Campionati Europei tra Francia e Portogallo, durante gli ultimi minuti dei tempi supplementari. Vince la Francia con un rigore di Zidane contestatissimo dai portoghesi. Il più animoso a protestare è proprio Abel Xavier, autore del fallo, che si avventa contro l’arbitro spergiurando sulla propria innocenza. La cosa più gustosa sta nel fatto che, mentre scoppia il gran casino attorno all’arbitro, in TV scorrono i replay dell’azione incriminata. Attraverso i quali si vede un “innocente” Abel Xavier prodursi in un fallo di mano volontario sulla linea di porta con un riflesso da vero portiere. Risultato: 9 mesi di squalifica. A fine stagione, con un misero bilancio di appena 3 gare disputate, non lo vuole più nessuno. A sorpresa, a Settembre del 2005 si fa avanti il Middlesbrough. Il “Boro” doveva sostituire l’olandese Reiziger, ceduto al PSV Eindhoven. E se ricorderete la magra figura che fece il terzino dai labbroni con la maglia del Milan, capirete che gli inglesi avranno voluto sostituire il non irresistibile laterale con un altro alla sua (si fa per dire) altezza. Da Luglio 2007 milita nei Los Angeles Galaxy, squadra in cui gioca anche David Beckham. Dell’esperienza di Xavier a Roma dissero, in sintesi: «La colpa non è sua, ma di chi lo ha comprato. Giocatore a fine carriera venuto a Roma per il prepensionamento. Di lui ricorderemo solo la capigliatura, quantomeno bizzarra». Pittoresco.
N.B:Si è ritirato a fine 2009,si è convertito all'Islam e ora si chiama Feisal.
To be continued..
Ultima modifica di FuarceUdin il 25.07.10 - 20:35, modificato 1 volta in totale.
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Re: I Bidoni del calcio italiano
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Ma Ming Yu
Luogo di Nascita:
Chongqing(Cina)
Data di Nascita:
04/02/1970
Ruolo:
Centrocampista
Posizione:
Interno Sinistro
Squadra:
Perugia
Aveva tutte le caratteristiche del tipico acquisto della gestione Gaucci dell’epoca, che era ormai solito stupire tutti con ingaggi stravaganti e decisamente anomali, spesso provenienti dal mercato orientale. Questa volta il Patron biancorosso portò al Perugia il primo cinese nella storia del calcio italiano: Ma Ming Yu, 27 anni secondo l’Ufficio Stampa dei grifoni, dai 30 ai 32 secondo fonti cinesi. Arrivò in prestito per una stagione (per 1 miliardo di Lire), con diritto di riscatto fissato a 4 miliardi, eventualmente da versare nelle casse dei cinesi nel Giugno 2001 – eventualità fortunatamente mai verificata – ed un ingaggio che si aggirava intorno al mezzo miliardo l’anno. Ha avuto esperienze anche con la Nazionale di calcio cinese come regista arretrato e ne è stato il capitano ai Mondiali 2002. Fu l’autore del primo tiro cinese della storia verso la porta della Selecao in un epico Brasile-Cina. «Il suo solo difetto è che gioca in Cina» – disse Bora Milutinovic, ex C.T. cinese e grande stimatore di Ma Ming Yu. I fatti lo smentiranno. Giunto all’aeroporto di Roma il 13 Agosto 2000, il neoacquisto biancorosso disse: «Sono orgoglioso di giocare in Italia; mi auguro che dopo il mio arrivo si aprano le porte ad altri cinesi. Voglio far meglio di Nakata». Già da questa frase dimostrò evidentemente di non essere buon profeta. Presentato da Gaucci il giorno seguente, chiunque fosse stato presente alla conferenza stampa si sarebbe messo a ridere (non avrebbe potuto non scoppiare in una fragorosa risata): sembrava un piccolo vecchietto cicciottello, tant’è che si mormorava che avesse effettivamente molti più anni di quanti ne dichiarasse. Addirittura confessò di essere sorpreso nell’apprendere che i Comunisti erano presenti anche in Italia. Non pensava di aver fatto migliaia di chilometri per ritrovarsi sotto casa, politicamente parlando. Che ignorante! A chi gli chiese qual’era, a suo parere, il giocatore italiano più bravo, rispose, senza esitazione: «Alessandro Nesta. L’ho visto giocare in Olanda agli Europei, è davvero un fuoriclasse. Mi auguro di poterlo comunque battere quando ci giocherò contro». Ma quando mai? E ancora: Se Del Piero è stato soprannominato Pinturicchio, mi piacerebbe poter essere chiamato Michelangelo». Manie di grandezza. L’orgoglioso Gauccione rincarò la dose: «Si tratta di un giocatore che ha delle grandi qualità e sul quale puntiamo molto per la prossima stagione. Lo abbiamo seguito a lungo e riteniamo che, per le sue caratteristiche fisiche e tecniche, possa integrarsi al meglio nella nostra squadra ed inserirsi con profitto nel campionato italiano». Alessandro Gaucci, vicepresidente del Perugia, figlio di Luciano: «Scopriamo talenti e facciamo affari: Ma Ming Yu ripeterà l’exploit di Nakata». Secondo quella che egli stesso chiama “la legge dei grandi numeri applicata al calcio”: «I cinesi sono un miliardo e mezzo, ci sarà pure un fenomeno. Cerco di portarlo qui». Quel fenomeno avrebbe dovuto essere proprio Ma Ming Yu. Ma a Perugia questo fenomeno lo stanno ancora aspettando. Dopo le presentazioni di rito ci sarà la solita e prevedibile folta schiera di giornalisti cinesi e di curiosi di ogni specie ansiosi di assistere agli allenamenti della nuova presunta stella perugina. Ma già dopo pochi giorni sembra che non abbia stimoli: per questo forse non studia neppure l’Italiano, vive chiuso in casa con la moglie, telefona spesso alla figlia di 3 anni rimasta in Cina e non cerca amicizie. «Perché l’italiano – dice Ma – è troppo diverso dal cinese. Lo studio, lo capisco poco. Fuori dal campo non saprei con chi parlare. Quando mi alleno, invece, Cosmi si fa intendere a gesti. E io so benissimo dove posso essere utile». Si, in panchina o, meglio ancora, in tribuna. Merito dell’esperienza, dei suoi 30 anni. Che in Cina arrotondano per difetto (28, con tanto di data di nascita alternativa individuata nel 10 Agosto 1972) o più facilmente per eccesso (32). «Fa la doccia, si veste e sparisce in 3 minuti», spiegano i compagni, che lo chiamano “Nonno”, per via di una faccia che dimostra ben più dei 30 anni anagrafici. «Mi piace stare in famiglia: mangiamo al ristorante cinese sotto casa, vediamo DVD coi sottotitoli, ascoltiamo vecchia musica cinese». La sua famiglia è la moglie Yue Tian. Il cinese pare isolarsi dal resto della squadra, cosa che di certo non lo aiuta ad integrarsi nel calcio italiano: a conti fatti, la maglia del Perugia (con il 9 sulle spalle) è stata da lui indossata solo due volte. In amichevole, in Agosto. E poi non esordì mai in Serie A, per lui solo una manciata di minuti in un Perugia-Salernitana 2-1, Primo Turno di Coppa Italia. A Gennaio iniziò a lamentarsi del suo scarso impiego ma fece comunque autocritica: «In Cina non ci torno. Se finora non ho giocato è solo colpa mia: non sono ancora abbastanza bravo». E dava l’impressione di peggiorare ulteriormente, visto che viveva intere giornata da pensionato. «Eppure – giurò Cosmi, che lo allenava – non è un ectoplasma. Ha qualità, visione di gioco. Gli manca poco perché smetta di mandarlo in tribuna». Un sottilissimo filo di ironia – quasi impercettibile – lega la verità dalla presa per il c***. Ma il diretto interessato ribatte: «Cosmi? Non mi dice mai niente». Forse, per non offenderlo. Il giapponese Nakata e anche il coreano Ahn, i piatti forti della connection orientale voluta dalla famiglia Gaucci, avevano mobilitato nel tempo intere truppe di televisioni e battaglioni di taccuini. Il sito Internet della società perugina era disponibile anche nella loro lingua. Per Ma, invece, niente Internet, e pochissime telecamere. Ormai, i fenomeni da baraccone non fanno più notizia.
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Re: I Bidoni del calcio italiano
Il cinese del Perugia che camminava con con i documenti fasulli
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Re: I Bidoni del calcio italiano
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Taribo West
Luogo di Nascita:
Ajegunle (Nigeria)
Data di Nascita:
26/03/1974
Ruolo:
Difensore
Posizione:
Terzino Sinistro
Squadre:
Inter,
Milan
La carriera di Taribo West comincia nel suo paese natale, ma all’età di 19 anni degli emissari dell’Auxerre notano la sua possente prestanza fisica e pensano bene di tesserarlo. In Francia trascorre quattro anni felici, visto che in questo lasso di tempo vince un campionato e due Coppe di Francia. Nel frattempo, prima di passare, nell’estate del 1997, all’Inter di Gigi Simoni, vince anche la Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Atlanta 1996. Con la Nazionale nigeriana – con cui partecipa anche ai Mondiali del 1998 – raccoglierà in tutto 41 presenze, dal 1994 al 2005. Già nelle sue prime gare in nerazzurro si capisce che è un giocatore pittoresco e dalla scorza dura, che non va per il sottile: il nigeriano sfoggia, infatti, un inedito look fatto di treccine colorate e inusuali, e contro la Fiorentina a San Siro compie un fallaccio sul viola Kanchelskis, costretto ad abbandonare il campo per il conseguente infortunio. Un giocatore dal carattere difficile, lunatico: se alla prima rete con la maglia dell’Inter (contro l’Atalanta realizza il gol che vale la vittoria) corre ad esultare verso la panchina abbracciando tutti con grande foga, il suo rapporto con i nerazzurri si incrina nella trasferta di Vicenza dell’anno successivo, quando West getta la maglia verso il tecnico Lucescu dopo una sostituzione e viene quindi relegato in panchina per le partite seguenti. Torna titolare solo verso la fine della stagione e l’anno dopo, con Lippi in panchina che lo utilizza con molta parsimonia, si assiste ad un divertente e memorabile botta e risposta: «Dio mi ha detto che devo giocare nell’Inter» – sostiene West. «Ah si? A me invece non ha detto niente» – risponde magnificamente Lippi. E così che questa frase memorabile fa da preludio al suo clamoroso passaggio ai cugini del Milan. Le sue treccine cambiano colore, diventando rossonere, ma solo per quattro partite, nelle quali Taribo trova anche la gioia del gol, contro l’Udinese nell’ultima giornata del campionato 1999/00. Dal Milan passa poi agli inglesi del Derby County: 18 presenze in Premier League, prima della breve parentesi in Bundesliga con la maglia del Kaiserslautern, dove lo cacciano dopo sole dieci partite per “comportamento inaccettabile”. Nel Gennaio del 2003 firma per 18 mesi con il Partizan Belgrado, voluto dall’allenatore, guarda caso l’ex nerazzurro Lothar Matthaus, ma un’operazione al ginocchio condiziona pesantemente il suo rendimento in Serbia. Pienamente ristabilito, decide di ricominciare a giocare in Qatar, con la maglia del Al-Arabi nella stagione 2004/05, e l’anno seguente finisce nella Serie B inglese con il Plymouth Argyle. Anche qui dopo quattro partite e alcune divergenze con il tecnico viene risolto il contratto: ormai per lui l’Europa è terra bruciata, comincia ad invecchiare e in più non va d’accordo con nessun allenatore. A queste condizioni, West se ne torna in Patria, nel club che lo ha lanciato nel calcio, il Julius Berger. Dal 26 Agosto 2007, dopo aver abbandonato le treccine e il suo strambo look per capelli cortissimi che non nascondono una certa stempiatura, ha lasciato di nuovo la città e la squadra che lo hanno lanciato: ha firmato per la squadra iraniana del Paykan di Teheran. Lì Taribo sarà l’unico straniero in mezzo a una rosa di soli iraniani, nonostante la squadra abbia un manager armeno. Non è stato certo un fenomeno, ma un personaggio pittoresco che rimediava ai suoi limiti tecnici con una grinta ed un fisico fuori dall’ordinario. Le sue stravaganze sono confermate anche dal suo desiderio di fondare una setta religiosa personale nell’ambito della chiesa pentecostale in qualità di sacerdote. A tutt’oggi sappiamo che questa sua congregazione è stata denominata “Shelter from the Storm”, e che, terminata la carriera di calciatore, vorrebbe entrare in politica, per diventare governatore nel suo Paese.
N.B.:Si è ritirato dopo l'esperienza con il Paykan,ora fa il predicatore,e vuole candidarsi per la presidenza della Federazione calcistica della Nigeria.
To be continued..