Come in altri centri sul mare, furono i marinai inglesi a dare l’input ad una pratica più convinta e più razionale del nuovo gioco. La sua diffusione in Ancona è legata però anche al nome di Pietro Recchi; il ragazzo che si distingueva già nell’atletica, nel ciclismo, nella ginnastica artistica ed attrezzistica, volle avventurarsi anche nel calcio. Un giorno, trovandosi a Liverpool per motivi di lavoro, ebbe occasione di assistere ad una partita di football e ne rimase estasiato; acquistò così magliette rosse e calzoncini bianchi, (probabilmente perché il Liverpool aveva indumenti di quei colori) con i quali al ritorno vestì la sua squadra. I suoi compagni iniziarono così a giocare fuori Porta Cavour sostituendo i vestiti di tutti i giorni con i colori che resteranno quelli dell’Anconitana.
Ci si spostò poi a Piazza d’Armi, ma solo nella ore pomeridiane poiché al mattino la zona era ancora occupata dai soldati della locale guarnigione. Non esistevano porte infisse nel terreno ma dei pali che i ragazzi si portavano da casa.
La squadra locale disputò i primi incontri di maggior rilievo gareggiando con i marinai inglesi che approdavano al porto di Ancona. Pietro Recchi saliva a bordo e proponeva le sfide agli inglesi, i quali accettavano. Il gioco inglese, fatto di lunghi passaggi, iniziava a quel tempo a distinguersi da quello gallese, caratterizzato, invece, da dialoghi più sintetici. L’Anconitana subì molte sconfitte ma in ognuna di queste cresceva, tanto che presto riuscì di invertire le parti.
Risale al 19 febbraio 1911 il primo incontro calcistico reso noto dalle cronache cittadine, incontro che si concluse in parità tra la squadra del piroscafo inglese “BRITAGNA”.

Nel gennaio del 1914, anno di nascita della “FIGC”, la squadra ingaggiò come “trainer” Agostino Ceda, ex giocatore del “Piemonte Foot - Club”. Il 5 aprile del 1914 gli anconetani furono invitati a Bologna per un’amichevole contro i già famosi rosso-blu e persero per 5-0. Il 1° Maggio, al contrario, vinse un torneo a tre: VIRTUS MACERATA - U.S. ANCONITANA – STAMURA, organizzato dalla “VIRTUS” di Macerata. Queste sono le ultime partite disputate prima della guerra 1915-18. Ogni attività venne infatti sospesa per il richiamo alle armi.
Negli anni ‘30/40, l’Anconitana conquistò molti successi; venne infatti giudicata dalla “Stampa sportiva” come una delle società calcistiche di maggior prestigio in campo nazionale.
Il 12 luglio del 1932, il giallo della maglietta “Emilio – Bianchi”, si accostò al rosso di quella Anconitana….. ecco così una nuova maglia a strisce verticali rosse e gialle, un nuovo Consiglio direttivo e una nuova società: l’Anconitana – Bianchi. La Emilio Bianchi, società senza mezzi e con una situazione economica precaria, aveva raggiunto in tre anni la promozione in Serie “C” nello stesso girone dell’Anconitana. La squadra giallorossa con Adriano Archibugi come presidente, vinse il campionato di serie “C” ottenendo la promozione in “B”. Nel corso del Campionato, l’Anconitana ospitò il “Milan” e lo batté per 2–1, guadagnandosi l’elogio dei dirigenti e degli atleti milanesi.
Nel 1940/41 la squadra con l’industriale Frontalini alla presidenza e Deghi (noto giocatore della Roma) come allenatore, retrocesse in “Serie C” per risalire l’anno successivo in “B”. In seguito l’“Anconitana - Bianchi” assunse il nome di Anconitana e le maglie ripresero i colori originali: rosso e bianco. Con la guerra, i bombardamenti, l’occupazione tedesca e poi quella alleata, non si parla più di sport ma unicamente di sacrifici, di perdite umane e di distruzioni.
L’Anconitana riprese a gareggiare nell’annata 1945/46 nel campionato misto “A–B” Centro Sud; un campionato che si presentava oneroso e difficile con avversarie temibili, come Roma, Lazio, Fiorentina…. non era neanche facile ritrovare i giocatori già in forza nella società, per mancanza di tempo e scarsità di fondi. Nonostante lo scompiglio generato dalle vicende belliche, si riuscì a riformare la squadra rintracciando vecchi giocatori o attingendo da altre società; si ricostruì il Consiglio Direttivo e venne assunto, come allenatore, Piccini, toscano e noto giocatore in campo nazionale.
Occorre ricordare anche un evento verificatosi il 21/12/47 che venne messo in cattiva luce dalla Stampa Nazionale e dagli sportivi di tutta Italia. Durante la partita Anconitana – Pisa, l’arbitro Vannini, compiendo una serie di scorrettezze, spinse i tifosi a demolire le reti metalliche di recinzione, ad abbattere la porta d’ingresso dello spogliatoio dove nel frattempo si era rifugiato e a farsi ridurre in condizioni pietose nonostante l’intervento delle forze di polizia. Il Giudice Sportivo della Commissione Giudicante, punì la società Dorica squalificando per due anni il campo di Ancona e per un anno il Presidente in carica Bruno Battistoni. La Società riuscì però a dimostrare all’Organo competente della FIGC che i fatti si erano verificati soprattutto per l’incosciente spavalderia dell’arbitro; così il provvedimento di squalifica del campo venne ridotto ad un anno. Tutte le restanti partite, si giocarono così in località lontane da Ancona, di conseguenza si ridussero gli incassi e per finire, l’annata si
E’ stato dimostrato come incidenti originati da spettacoli sportivi, sono avvenuti in ogni epoca. “Dagli Annali di Tacito sappiamo che in certe occasioni gli spettacoli dell’arena eccitavano a tal punto gli animi e le parti che divampavano scontri fra gli spettatori che finivano in sangue. Le pagine di Jerome Carcopino (Storia della vita quotidiana a Roma) e di Paul Veyne (Il pane e il circo) mostrano come la passione collettiva del popolo romano per i giochi e gli spettacoli circensi si spingessero talvolta sino a gravi disordini pubblici, privi di ogni motivazione politica o di classe, ma per i quali talvolta l’autorità si vedeva costretta a mandare addirittura in esilio un auriga o un gladiatore colpevoli di avere aizzato la folla, in favore o contro di loro.
Secondo la testimonianza di Procopio di Cesarea (Le guerre): “In ogni città, fin dai tempi antichi, la plebe è divisa nelle fazioni degli Azzurri e dei Verdi, ma solo di recente per la rivalità nelle gare sportive fra queste due fazioni e la scelta dei posti nel circo da cui assistere alle gare stesse, i cittadini sperperano denaro e si azzuffano fra di loro, non esitando a rischiare anche la vita per uno scopo così futile”. In modo simile, giostre cavalleresche, tornei rinascimentali e giochi popolari, ancora per buona parte del secolo scorso, offrivano al pubblico l’alibi per ogni tipo di licenza” (Triani,1990). Questo carattere, evidente nei giochi collettivi di palla come la soule, l’hurling to goal e il fotebale, non venne del tutto meno neanche con la costituzione della Football Association nel 1863.
Sarà il campionato del 1950/51 a vedere ancora l’Anconitana in serie “B” ma solo per un anno. Infatti le difficoltà aumentavano sempre più; difficoltà legate particolarmente a questioni di carattere economico – finanziario.
I rapporti fra Tambroni e Battistoni, che tenevano la presidenza, non erano più cordiali e pertanto la situazione peggiorava a vista d’occhio. A Cupramontana, durante il ritiro per la preparazione pre – campionato, sorsero le prime difficoltà con i giocatori dell’annata precedente, creditori di parte di stipendio e di premi di partita. All’inizio dell’attività, per mancanza di fondi, fu liquidato a questi giocatori un modesto acconto di quanto loro dovuto. Con questa situazione, il Campionato fu disastroso, tanto che alla fine fu inevitabile la retrocessione.
Nel corso del campionato si verificarono fatti incresciosi: giocatori che si rifiutavano di partire per le trasferte, scarso impegno negli allenamenti, continui malumori con i tifosi. Questo fu uno dei momenti più tristi della Società bianco - rossa che cercò di portare a termine il campionato per evitare di perdere tutti i giocatori in forza che potevano essere dichiarati “liberi” per mancata corresponsione dei compensi stabiliti.
In quell’anno c’erano le elezioni amministrative e non mancarono le polemiche di carattere politico interessate a mettere in evidenza le responsabilità dei Dirigenti. Il Sindaco Dott. Francesco Angelini fu avvicinato dal Dr. Ghiotti (consigliere) che cercava aiuto da tutti. Egli ottenne di poter esporre al Sindaco e ad un’assemblea di sportivi l’insostenibile situazione. A seguito del vivo interessamento dell’Ing. Claudio Salmoni (vice sindaco), fu nominato un Commissario Straordinario nella persona dell’Avv. Corrado Ascoli. Questi, che godeva della più incondizionata fiducia presso la Cittadinanza e le Autorità locali, seguitò ad avvalersi della collaborazione del Dr. Nino Ghiotti e di altri da lui scelti. Seppe ottenere transazioni con i giocatori creditori e realizzare una situazione favorevole in poco tempo, tale da permettere alla società di affrontare con buone prospettive l’annata successiva.
Nei primi mesi del 1956, si svolse ad Ancona un Corso per Allenatori di Calcio al quale partecipò il noto giocatore juventino Carlo Parola (inattivo per aver subito la seconda operazione al menisco). Famoso per l’acrobatica ed elegante rovesciata e per essere stato il primo giocatore italiano convocato per la Rappresentativa Europea, suscitò l’interesse dei dirigenti dell’Anconitana che lo convinsero ad accettare di guidare la squadra nell’annata 1956/57.
Così dai primi mesi del ’56, cominciò a seguire il comportamento della squadra in modo da rendersi conto di quali particolari elementi e di quali ruoli occorresse rinforzarla. A Parola, stimato e benvoluto presso l’ambiente juventino, non fu difficile ottenere buoni giocatori di quella società, elementi più che idonei per disputare un impegnativo campionato di IV serie. Grazie alla personalità di Parola, la squadra ottenne risultati esaltanti, era festeggiata ovunque disputasse partite ed i suoi giocatori espressero un comportamenti ammirevoli sotto tutti gli aspetti.
Riuscì a vincere il girone ma il “regolamento” di quell’epoca stabiliva che per raggiungere la promozione alla serie superiore, occorreva disputare una partita di spareggio con la vincente di altro girone. All’Anconitana toccò il “Chinotto Neri” di Roma e perse.
Il campionato 1961/62 è da qualificarsi fra i più prestigiosi dell’Anconitana. La lotta per il primato del girone fu condotta gomito a gomito con il Cagliari e con il Pisa. A pari merito con il Pisa, raggiunse il 2° posto in classifica dietro al Cagliari, la cui vittoria provocò dubbi sulla sua legittimità. L’Anconitana ed il Pisa si fecero sentire presso gli Organi Federali Competenti tanto che fu ordinata un’inchiesta. Intanto per evitare spese di soggiorno l’Anconitana mandò i giocatori a casa. Poiché l’inchiesta non si risolveva celermente e poiché i dubbi esistevano, la società decise di richiamare i giocatori per tenerli allenati in vista di una partita di spareggio con il Pisa. Per richiamare il giocatore Piaceri dal viaggio di nozze la spesa non poteva essere affrontata dalla “cassa” della società ed allora si ricorse ad una sottoscrizione fra i tifosi che fruttò la somma di L. 170.000. Intanto la Commissione d’Inchiesta emise la sentenza: il Cagliari Società fu prosciolta e la squadra fu promossa in
Nel Gennaio del 1972 un terribile sisma colpì Ancona recando danni incalcolabili; la città rimase paralizzata per diversi mesi. La squadra trasferì il domicilio a Porto Recanati presso l’Hotel Silva, affrontando spese di soggiorno di notevole entità. Gli incassi delle partite interne furono di scarso valore essendo costretti a giocare alla presenza di pochi spettatori (i tifosi dorici erano nella maggior parte sfollati a Marcelli, Osimo, P. Recanati, Pesaro,..). La squadra, guidata da Begnamino Di Giacomo e dal fedele Giorgio Arzeni, facendo sacrifici non indifferenti, disputò un torneo onorevole, tanto da raggiungere il 15° posto in classifica. La società però, per intuitive ragioni, era in pietose condizioni economiche che mettevano la dirigenza in serie preoccupazioni. Allo scopo di procurarsi un po’ di liquidità, la società organizzò a Falconara alcune partite amichevoli con squadre straniere dilettanti in tournée in Italia. La squadra risentì della situazione che si era venuta a creare a causa del sisma.
Nel 1974, in considerazione della nuova struttura auspicata dalla FIGC per le Società di Calcio e cioè la trasformazione da Società di fatto in Società legalmente riconosciute, il Consiglio Direttivo dell’Unione Sportiva Anconitana, con presidente Giorgio Grati, giunse alla costituzione dell’U.S. Anconitana – S.p.A. I primi Amministratori furono Giorgio Grati, Corrado Mariotti, Giacomo Bellardinelli, Sauro Polenta e Maurizio Sirri. La Società fu costituita con l’emissione di N° 4.000 azioni del valore nominale di L. 10.000 e cioè con un capitale sociale di L. 40.000.000 interamente versato. La costituzione dell’U.S. Anconitana S.p.A. fu molto apprezzata dalla cittadinanza sportiva e, pertanto, in breve spazio di tempo tutte le azioni furono sottoscritte. Successivamente nel 1975, sempre Presidenza Giorgio Grati, il capitale sociale fu aumentato a L. 130.000.000.
Il Campionato ‘74/75 fu impostato con il programma di raggiungere possibilmente il ritorno in Serie “C”. A questo proposito fu assunto, in qualità d’allenatore, un uomo di grande esperienza: Natalino Faccenda e la squadra fu potenziata con validi atleti che riuscirono a riportare l’Anconitana in “C”.
Quella del 1975/76, non fu un’annata prestigiosa per mancanza di disciplina e senso di responsabilità. Infatti, a seguito di una partita giocata senza volontà, il consiglio stabilì di congelare i premi di partita. Per un banale incomprensione la squadra lavorò con scarso impegno e quindi con un rendimento negativo. Nell’ultima fase del torneo scivolò da metà classifica, in piena zona retrocessione che fu evitata grazie a risultati negativi di altre squadre.
Anche quella successiva, ‘76/77, fu un’annata storta. La squadra, si presentava in partenza come un complesso molto valido, avendo a disposizione atleti di esperienza che avevano militato in serie superiore. Però l’incomprensione fra Direttore Sportivo ed Allenatore e la stampa locale, avversa alla società, portarono la squadra ad ottenere la retrocessione.
Il ‘77/78 iniziò male: rendimenti scarsi e inspiegabili; la colpa ricadde sull’allenatore che fu sostituito. Altri giocatori furono assunti e l’andamento della squadra migliorò tanto che risalì la classifica finendo il torneo al 4° posto. Per meriti sportivi fu ammessa alla C/2.
Nell’annata ‘79/80 vediamo l’Anconitana in “C1”, nel ‘80/81 in “C2”, nell’82/83 in “C1”."
Nel 1981, il Sodalizio cambia denominazione e da “Unione Sportiva Anconitana – S.p.A.” diventa “Ancona Calcio S.p.A.”. Il colore delle maglie rimane lo stesso e nel distintivo c’è sempre San Giorgio a cavallo in campo rosso [vedi FOTO]. In tale occasione, il capitale sociale portato nel 1979 a 460.000.000 sotto la presidenza Maiani, raggiunge L. 700.000.000 (70.000 azioni del valore di 10.000 ciascuna). Con il passare degli anni il pubblico anconetano diviene sempre più numeroso e tifoso. In alcune occasioni il tifo fu anche troppo acceso, tanto da essere colpevole di provvedimenti disciplinari che hanno inciso notevolmente sul buon nome della società e sulla sua economia.
Nel corso dell’annata 1983/84, si convocò l’assemblea degli azionisti per l’approvazione del bilancio della gestione 1983 e per il rinnovo delle cariche sociali. L’assemblea approvò all’unanimità il bilancio e riconfermò per intero il Consiglio Direttivo già in carica, nominando un nuovo Consigliere nella persona di Walter Vignoli. Il signor Vignoli, anche se non ufficialmente, era da considerarsi un Consigliere avendo collaborato con il Presidente Maiani per tutta l’annata, contribuendo finanziariamente in maniera notevole per il rafforzamento dei quadri tecnici.
Dopo le delusioni dell’ultimo periodo dell’annata 1983/84, la società si trovò senza allenatore che concluse con il “Modena Calcio” un accordo iniziato riservatamente già da alcuni mesi. Sarebbe stato più opportuno mettere al corrente la dirigenza evitando un certo malumore, molti pettegolezzi ed incomprensioni che, senza dubbio sono state le cause principali del decadimento della squadra e, quindi, dei mancati risultati positivi. La società espresse le sue preoccupazioni per programmare la nuova stagione calcistica; preoccupazioni che erano soprattutto di carattere finanziario: andava sostituito l’allenatore e migliorato il complesso tecnico attraverso l’assunzione di nuovi atleti. La situazione della società interessò le massime Autorità cittadine; dopo pressanti colloqui tra la dirigenza in carica e le Autorità, si rese disponibile ad aiutare la società, un noto impresario edile anconetano, il signor Edoardo Longarini.
Longarini si sostituì a Maiani alla Direzione della società con la temporanea qualifica di “amministratore unico”. Per far fronte alla perdita registrata nel 1984, il 09/02/85 l’Assemblea degli azionisti, convocata in seduta straordinaria, approvò la riduzione del capitale sociale da 700 milioni a 210 milioni mediante riduzione del valore nominale delle azioni che da 10.000 passa a 3.000. Contemporaneamente, fu approvato l’aumento del capitale sociale da 210 milioni a due miliardi e 700 milioni mediante emissione alla pari di 830.000 azioni nuove del valore nominale di lire 3.000 per un totale di 2.490.000.000. In definitiva la società arrivò ad un capitale sociale di 2.700.000.000 lire composto da 900.000 azioni del valore nominale di lire 3.000. La stessa assemblea nominò il Rag. Camillo Florini Presidente della società conferendo a Longarini la nomina a Presidente onorario del Sodalizio.
Con Edoardo Longarini e Camillo Florini, sportivi anconetani, giocatori e tecnici (Marchioro, Paci, Valdinoci,Cadè e Guerrini), raggiungono il sospirato obiettivo della serie “A”: viaggio che si conclude il 16 giugno del 1992.
Il 5 Giugno del 1988, dopo 38 anni, l’Ancona di Giancarlino Cadè tornò in B con tre reti segnate da Gadda, Talevi e Tacchi sul Livorno. Il 7 giugno del 1992, l’Ancona pareggiò 1 a 1 con i rossoblù centrando così la grande promozione in serie A. La partita assunse aspetti molto secondari rispetto a tutto il resto: al 27’ del primo tempo lo svizzero Turkylmaz portò in vantaggio Balanzone e al 48’ gli rispose Ermini.
Ciò che successe prima e dopo fu, invece, assolutamente straordinario. La città, letteralmente impazzita fin dalla mattina, tinse di biancorosso la via Emilia con striscioni e bandiere a non finire. Allo stadio, i supporter dorici sbalordirono per numero, tifo e calore. In 12000, sotto la pioggia, si schierarono al fianco della squadra e ai bolognesi non restò che guardare a bocca aperta; un po’ intristiti per la sorte della loro squadra e un po’ incantati da quei canti, quei suoni e quello strepitoso “forza Ancona”. Al fischio finale successe il finimondo, animato anche da Guerini che correva distribuendo baci a destra e a sinistra. La città festeggiò per tutta la notte [vedi FOTO]. L’Ancona perse in casa l’ultima partita con l’Udinese; sconfitta che non contò perché la squadra era già in serie A. E così fu ancora festa e sette giorni dopo, maxi tavolata al viale della Vittoria con milioni di persone che brindavano e cantavano “Tititì, tirità e l’Ancona è in serie A”.
L’Ancona, arrivata in massima serie, necessitava di uno stadio adeguato. Il “Del Conero” sorse [vedi FOTO], ma l’Ancona in serie A, ci restò solo un anno; retrocesse in B e nel 95/96 in C. L’anno successivo fu promossa in B, per poi tornare in C nel 97/98.

Dal 1996 al 1999, da quando cioè Longarini decise di ritirarsi all’avvento del nuovo gruppo dirigente guidato da Ermanno Pieroni, l’Ancona visse anni bui. La proprietà passò prima a Deodati e poi dell’Overseas, una società inglese diretta dai fratelli Zappacosta, chiamata a gestire la transizione dell’Ancona Calcio verso il gruppo Auriemma.
Nel 1998/99, la squadra giocò i play-out per non retrocedere e si salvò a pochi minuti dalla fine grazie al gol realizzato da La Grotteria al Foggia.
Nel 1999/2000, con la riapertura del mercato, l’Ancona acquistò due giocatori: Salvatore Russo e Martin Furiga, il primo si rivelò una scelta azzeccatissima, mentre l’argentino non riuscì ad inserirsi completamente negli schemi di mister Brini. Il vero acquisto dell’Ancona fù però Mirko Ventura, che rifiutò il trasferimento alla Nocerina. Il mese cruciale è Aprile dove i biancorossi prima impattarono 2-2 nel derby ad Ascoli poi persero 1-0 a Roma contro la Lodigiani, vanificando così tutti gli sforzi fatti. L’Ancona continuò ad essere in corsa e il pubblico biancorosso iniziò a credere in questa squadra; organizzandosi in massa, seguiva tutte le trasferte dei dorici riuscendo anche a toccare le 1000 unità.
Nel mese di maggio, i biancorossi, ormai matematicamente certi della seconda posizione di classifica, si prepararono in vista dei play - off. Nella semifinale d’andata affrontarono l’Arezzo in trasferta conquistando il pareggio grazie al gol di La Grotteria. Vinsero anche la sfida di ritorno per 2-0 volando in finale.
Per il derby con l’Ascoli, giocato a Perugia l’11 giugno del 2000, 15 mila tifosi di Ancona e Ascoli raggiunsero il capoluogo umbro per sostenere la propria squadra. Settemila furono i tifosi biancorossi a Perugia e altri cinquemila assistettero alla partita davanti al maxi schermo allestito al Dorico. La partita terminò con un pareggio ai tempi supplementari per merito di Ventura che salvò la squadra di Brini riportandola in serie “B” realizzando il gol al 118° minuto[vedi FOTO][vedi FOTO][vedi FOTO].
Poi a livello societario le cose sono cambiate: la proprietà passa infatti nelle mani di Ermanno Pieroni, amministratore delegato, sotto la presidenza di Gaetti, da 30 anni all’Ancona Calcio come medico sociale e vicepresidente. L'Ancona sotto la guida di Brini conquista un brillante decimo posto nella cadetteria.
Purtroppo però il suo cammino si interromperà alla vigilia del Natale 2001 quando non arrivandi i risultati richiesti la Società decide il suo esonero. Al suo posto arriva Luciano Spalletti, che inverte la rotta e nel girone di ritorno la squadra riprende quota, chiudendo con un brillantissimo ottavo posto.
Spalletti viene chiamato in serie A dall'Udinese e al suo posto arriga Gigi Simoni. Grazie alla sua esperienza e alla validità del suo gruppo che vantava giocatori di spessore come il bomber Ganz e i vari Maini, Graffiedi e Schenardi, ritorna in serie A nel giugno del 2003. Per festeggiare la promozione dei dorici a Livorno ci sono 7000 anconetani, che la gol di Daino fanno esplodere lo stadio "Picchi".
Nel 2003 i dorici per la seconda volta nella loro storia ritornano in serie A. Purtroppo una stagione davvero tutta da dimenticare. Il tecnico Simoni viene esonerato in estate ancor prima di iniziare la stagione. Al suo posto in panchina viene chiamato l'esordiente Menichini (per anni vice di Mazzone, che nel frattempo aveva rifiutato di venire qui ad Ancona). Pre lui davvero una fugace apparizione, infatti dopo quattro giornate è stato sollevato dall'incarico e la squadra affidata a Nedo Sonetti. Neanche il sergente di ferro riesce a dare la giusta scossa che serviva alla squadra e anche lui dopo la prima giornata del girone di ritorno viene esonerato. Poi toccherà a Giovanni Galeone traghettare la squadra fino alla fine della stagione. In questi mesi l'Ancona riesce ad ottenere solo due vittorie, peraltro le uniche della stagione contro il Bologna e l'Empoli. Diciottesima in serie A retrocede in serie B.
Il 18 luglio 2004 è il giorno fissato per il ritiro di precampionato in vista della nuova stagione che da li a poco sarebbe partita e che avrebbe visto la squadra dorica partecipare al campionato cadetto. Purtroppo però la squadra in ritiro agli ordini prima di Vavvasori e poi di Foschi non riuscirà mai ad iniziare la stagione
Infatti il 7 agosto le vicende extrasportive si legano di pari passo con quelle sportive con l'arresto del presidente Pieroni. Dopo mille vicissitudini l'11 agosto 2004 viene dichiarata fallita dal Tribunale di Ancona.
Dalle ceneri della vecchia Ancona Calcio nasce, grazie all'intervento della famiglia Schiavoni che acquista dalla curatela fallimentare il titolo sportivo, l'AC Ancona SpA che riparte dalla serie C2.

