Quando tifoso e squadra si fondono
Inviato: 21.01.12 - 11:21
Articolo tratto dal sito di un utente di FoggiaCalcioMania (IgorVitale) sulla psicologia del tifoso:
Dinamiche di identificazione nella squadra di calcio preferita
Ah, il calcio che sport stupendo! Undici persone che sudano e lottano insieme, come una squadra, per un obiettivo comune: il gol!
Sappiamo tutti che in Italia è lo sport più amato, ci sono milioni e milioni di tifosi, sia per le squadre più forti e vincenti, che per quelle meno conosciute. Ma chi è il tifoso? Cosa significa per la persona (da un punto di vista psicologico) fare il tifo per una squadra? Il tifoso è un individuo appassionato ed entusiasta che ammira e segue uno sport. È interessante, però, notare come la traduzione inglese del termine tifoso sia fan, il quale deriva da fanatic (fanatico). La definizione di fanatic è simile a quella di fan, ma più radicale: "una persona in uno stato estremo ed a-critico di entusiasmo o zelo per ideali di tipo religioso, politico, sportivo, sociale. Un tifoso, dunque, è un individuo entusiasta, che ama profondamente la sua squadra ed è legatissimo ad essa (usuale l´espressione attaccato ai colori della maglia, proprio a indicare il legame affettivo molto forte tra il tifoso e la squadra, Indipendentemente dai giocatori che la rappresentano).
Tra il tifoso e la squadra si crea un profondo legame di identificazione: il tifoso attraverso la sua squadra definisce se stesso, perché la squadra rappresenta i valori culturali in cui crede e che difende; in base a tale legame, il tifoso sente come proprie le vittorie della squadra (e, per converso, anche le sconfitte), sente che egli stesso, assieme alla squadra, si sta affermando e realizzando. Tutto ciò è bellissimo, perché (in virtù di questo legame) il tifoso sente anche di contribuire al successo della sua squadra attraverso alcuni tipici strumenti come le coreografie od i cori che si sentono normalmente negli stadi. I tifosi non assistono solo ad una partita; ma urlando il nome della squadra, saltando sugli spalti (o sul divano di casa!), aiutano in modo decisivo i loro beniamini a vincere. Quando la squadra vince, il tifoso vince. Quando la squadra perde, il tifoso perde.
La vittoria o la sconfitta della squadra del cuore non determina solamente l´aggiunta
di 3 o 0 punti in classifica, ma determina vere e proprie fluttuazioni emotive in grandi fasce della popolazione che durano giorni, settimane, a volte anche anni.
Dal punto di vista psicosociale quella del tifoso non è un semplice hobby, un modo per occupare il tempo, o freudianamente un modo per sfogare l´aggressività, ma è un´identità sociale, ovvero una porzione di identità che deriva dall´appartenenza di gruppo alla propria squadra. Quando l´identità di tifoso viene resa saliente, e questo accade durante ogni partita, il tifoso si identifica positivamente nell´entità gruppo.
La squadra di calcio, ma anche le singole tifoserie (es. la curva sud vs la curva nord) diventano vere e proprie entità sovraordinate agli elementi che ne fanno parte. Cosa intendo per entità sovraordinate? Vediamolo con un esempio, nella stagione 1993-1994, durante una partita tra Foggia e Milan (1-1) viene sconfitto il record di imbattibilità dell´allora portiere del Milan, Sebastiano Rossi. A seguito del gol di Igor Kolyvanov, Rossi restituisce alla curva sud un fumogeno lanciato dalla stessa. Questo fatto non è stato visto principalmente come un insulto ai singoli o come un atto pericoloso verso le singole persone, questo fatto a 19 anni di distanza dall´accaduto è visto, anche da chi non era presente allo stadio, anche da tifosi che al tempo non erano ancora nati come un insulto verso la curva, un´entità sovraordinata al tifoso, che sopravvive a prescindere dai singoli membri.
E´ molto curioso come spesso tifosi, ma anche cronisti, giornalisti, utilizzino implicitamente la metafora della guerra per parlare delle partite di calcio; se facciamo attenzione al linguaggio utilizzato è proprio questo ciò che emerge. Si parla di allenatori che schierano giocatori, il giocatore principale è il capitano, ad alcuni calciatori vengono dati soprannomi dallo stile militare, si pensi ad esempio all´ "ammiraglio van Bommel", esiste la difesa e l´attacco, quando una squadra vince in trasferta si dice che la squadra ha espugnato lo stadio, un tiro forte diventa una "cannonata" o una "bomba", mentre altre volte un portiere può essere trafitto da un gol.
di Gianluca Barra e Igor Vaslav Vitale
Dinamiche di identificazione nella squadra di calcio preferita
Ah, il calcio che sport stupendo! Undici persone che sudano e lottano insieme, come una squadra, per un obiettivo comune: il gol!
Sappiamo tutti che in Italia è lo sport più amato, ci sono milioni e milioni di tifosi, sia per le squadre più forti e vincenti, che per quelle meno conosciute. Ma chi è il tifoso? Cosa significa per la persona (da un punto di vista psicologico) fare il tifo per una squadra? Il tifoso è un individuo appassionato ed entusiasta che ammira e segue uno sport. È interessante, però, notare come la traduzione inglese del termine tifoso sia fan, il quale deriva da fanatic (fanatico). La definizione di fanatic è simile a quella di fan, ma più radicale: "una persona in uno stato estremo ed a-critico di entusiasmo o zelo per ideali di tipo religioso, politico, sportivo, sociale. Un tifoso, dunque, è un individuo entusiasta, che ama profondamente la sua squadra ed è legatissimo ad essa (usuale l´espressione attaccato ai colori della maglia, proprio a indicare il legame affettivo molto forte tra il tifoso e la squadra, Indipendentemente dai giocatori che la rappresentano).
Tra il tifoso e la squadra si crea un profondo legame di identificazione: il tifoso attraverso la sua squadra definisce se stesso, perché la squadra rappresenta i valori culturali in cui crede e che difende; in base a tale legame, il tifoso sente come proprie le vittorie della squadra (e, per converso, anche le sconfitte), sente che egli stesso, assieme alla squadra, si sta affermando e realizzando. Tutto ciò è bellissimo, perché (in virtù di questo legame) il tifoso sente anche di contribuire al successo della sua squadra attraverso alcuni tipici strumenti come le coreografie od i cori che si sentono normalmente negli stadi. I tifosi non assistono solo ad una partita; ma urlando il nome della squadra, saltando sugli spalti (o sul divano di casa!), aiutano in modo decisivo i loro beniamini a vincere. Quando la squadra vince, il tifoso vince. Quando la squadra perde, il tifoso perde.
La vittoria o la sconfitta della squadra del cuore non determina solamente l´aggiunta
di 3 o 0 punti in classifica, ma determina vere e proprie fluttuazioni emotive in grandi fasce della popolazione che durano giorni, settimane, a volte anche anni.
Dal punto di vista psicosociale quella del tifoso non è un semplice hobby, un modo per occupare il tempo, o freudianamente un modo per sfogare l´aggressività, ma è un´identità sociale, ovvero una porzione di identità che deriva dall´appartenenza di gruppo alla propria squadra. Quando l´identità di tifoso viene resa saliente, e questo accade durante ogni partita, il tifoso si identifica positivamente nell´entità gruppo.
La squadra di calcio, ma anche le singole tifoserie (es. la curva sud vs la curva nord) diventano vere e proprie entità sovraordinate agli elementi che ne fanno parte. Cosa intendo per entità sovraordinate? Vediamolo con un esempio, nella stagione 1993-1994, durante una partita tra Foggia e Milan (1-1) viene sconfitto il record di imbattibilità dell´allora portiere del Milan, Sebastiano Rossi. A seguito del gol di Igor Kolyvanov, Rossi restituisce alla curva sud un fumogeno lanciato dalla stessa. Questo fatto non è stato visto principalmente come un insulto ai singoli o come un atto pericoloso verso le singole persone, questo fatto a 19 anni di distanza dall´accaduto è visto, anche da chi non era presente allo stadio, anche da tifosi che al tempo non erano ancora nati come un insulto verso la curva, un´entità sovraordinata al tifoso, che sopravvive a prescindere dai singoli membri.
E´ molto curioso come spesso tifosi, ma anche cronisti, giornalisti, utilizzino implicitamente la metafora della guerra per parlare delle partite di calcio; se facciamo attenzione al linguaggio utilizzato è proprio questo ciò che emerge. Si parla di allenatori che schierano giocatori, il giocatore principale è il capitano, ad alcuni calciatori vengono dati soprannomi dallo stile militare, si pensi ad esempio all´ "ammiraglio van Bommel", esiste la difesa e l´attacco, quando una squadra vince in trasferta si dice che la squadra ha espugnato lo stadio, un tiro forte diventa una "cannonata" o una "bomba", mentre altre volte un portiere può essere trafitto da un gol.
di Gianluca Barra e Igor Vaslav Vitale