Lui si chiama Oscar Pistorius, è nato il 22 novembre 1986 a Pretoria, in Sudafrica. Quando lo vedi correre nei filmati o nelle foto sembra il perfetto sudafricano biondo, occhi azzurri, fisico atletico, bello, il busto in avanti, i muscoli della faccia che sfidano la velocità, la sincronia nel movimento delle braccia. E delle gambe, di carbonio. Quando arriva nel campo di atletica si siede sul prato, si stacca dalle ginocchia le gambe "normali", intese come le protesi normali rosa e rotonde, si incastra i ricambi, quelle due lame nere e molleggiate e comincia a correre.
A un anno gli hanno amputato entrambe le gambe dalle ginocchia in giù: era nato senza la tibia, colpa di una malformazione. Il piccolo Oscar non si perde d'animo: va a scuola, frequenta l'high school di Pretoria, gareggia nel rugby e nel water polo. Sport, dunque, sempre e comunque. Un incidente al ginocchio lo costringe a cambiare disciplina.
L'atletica arriva all'inizio come forma di riabilitazione. Poi con i risultati. Alle Paraolimpiadi del 2004 a Atene Pistorius arriva terzo nei 100 e vince l'oro nei duecento. Da allora accumula tempi da record in ogni competizione. Corre i 400 metri in 46"56 (44 secondi è il tempo dell'oro alle Olimpiadi di Atene ) e i 100 in 10.91 (9"85 è il tempo del vincitore dei Giochi olimpici 2004). Nel 2005 partecipa al Gran gala di atletica a Helsinki, è la prima volta che un paratleta compete con i normoatleti. Il 5 aprile 2007 arriva il record nei 200 metri: 21"58. Michael Johnson nel 1996 aveva fermato le lancette su 19"32 e da allora nessuno è andato più veloce.
Con questi tempi si capisce perchè Oscar Pistorius voglia banalmente, semplicemente, normalmente partecipare ai Giochi olimpici di Pechino 2008. E qui comincia la querelle che sta appassionando sul web non solo i tecnici ma anche gli appassionati di atletica. E per cui gli organizzatori del Golden Gala di Roma spezzano più di una lancia.
La questione è semplice: l'atleta non sarà ammesso alle Olimpiadi del 2008 perché, dice la Iaaf, "le sue gambe non tradizionali lo avvantaggiano rispetto agli altri atleti". E poichè il gesto atletico per essere puro non può e non deve essere condizionato da elementi tecnologici, quelle due lame di carbonio - tra l'altro più lunghe rispetto alla corporatura di Pistorius - sono un trucco, un vantaggio. Gambe tecnologicamente modificate. Ecco, un doping di carbonio.
"E' una discriminazione" accusano l'atleta e il suo coach Ampie Louw. Cheetahs, come Oscar chiama le sue protesi, "sono invece un handicap bello e buono: alla partenza, per dirne una, ci metto molto di più a scattare; senza poi contare la pioggia o il vento che rendono più rigida la protesi".
Intanto Oscar corre. Arriva agli allenamenti in macchina, scende camminando su gambe finte ma "normali" , tira fuori dal portabagagli le sue lame di carbonio, si cambia gli arti, prima l'uno e poi l'altro, e comincia a correre. In attesa di una via libera da Pechino, passando per Roma.
