
La scomparsa di Eddie Guerrero ha riportato alla luce la vita tormentata dei wrestlers, non sempre per colpa loro...
La notizia ha sconvolto ogni esperto, appassionato o semplice simpatizzante di wrestling, perché Eddie aveva conquistato tutto e tutti, con la sua eccellente tecnica, le incantevoli capacità acrobatiche, un carisma, raramente riscontrabile in qualsiasi altro uomo di tal business, capace di contagiare chiunque avesse avuto la fortuna di intravedere quella smisurata voglia di vivere, di divertire e divertirsi, d’incantare. Se né andato come un fulmine a ciel sereno, in solitudine e in silenzio, così estranei e, allo stesso tempo, abituali per uomini di sport-spettacolo, ormai in viaggio perenne tra show e tournee, con il ring e la palestra come seconde case, lontani dalle proprie famiglie, che mantengono a, migliaia di chilometri di distanza, con sacrifici immensi e ahimè compromessi che spesso hanno un conto da pagare.
Una spietata e cinica regola del business ordina il proseguimento dello show, ma stavolta non possiamo e non dobbiamo proseguire come nulla fosse successo. Ci ha lasciato alla tenera età di 38 anni uno dei maggiori esponenti del vero wrestling degli ultimi decenni, tra i cui meriti principali, ha avuto quello di rappresentare il cordone che lega il vecchio wrestling con il nuovo che sta spopolando anche in Italia, fino poco tempo fa terra minata per tale disciplina, temuta, disprezzata, bistrattata e censurata. In una lunga carriera iniziata nella sua terra natale, ha fatto subito capire di che pasta era fatto. Nella WWA e nella AAA ha iniziato subito ad incantare con una tecnica sopraffina, che ha conquistato, come un colpo di fulmine, gli appassionati nipponici, che persero letteralmente la testa per quella tigre nera, capace di emergere in un wrestling che i più giovani faticherebbero a riconoscere. Negli States ebbe la sua definitiva consacrazione, un’escalation di successi e di fama nelle positive esperienze alla ECW, WCW e appunto WWE. La sconfitta contro JBL fu l’inizio di una gestione semplicemente scandalosa dalla parte della WWE, i cui bookers dimenticarono la fama e la carriera di Eddie Guerriero, umiliandolo con una lunga serie di sconfitte, in particolare nel feud contro Rey Mysterio, nel quale Eddie uscì con un passivo tennistico. Questa non è voluta essere, per volontà dell’autore, né una biografia, né un’accusa verso qualcuno, ma solamente un ricordo di un lottatore che ha dato tanto a noi e al wrestling, ma, allo stesso tempo, mi pare almeno doveroso non essere omertosi o avere le fette di prosciutto agli occhi. Non voglio essere né il primo né l’ultimo a stabilire le cause del decesso, anche se non è molto difficile ipotizzarne alcune, non sono un medico, ma una persona che segue tale disciplina da quando andavo alle elementari.
Il mio dolore, la mia tristezza, la mia delusione, il senso di vuoto che ho provato per la scomparsa di un wrestler, grande o piccolo che sia, ha radici profonde. Alcuni, come il superlativo Owen Hart, hanno perso la vita proprio nello svolgimento della propria professione, altri, come Broiser Brody, sono stati assassinati in stile camorristico negli spogliatoi di un’arena da uno o più responsabili probabilmente ancora in libertà grazie ad amicizie influenti. La maggior parte però dei decessi è dovuta ad ictus, infarti, improvvisi e gravi problemi cardiaci, spesso dovuti a sostanze, proibite e consentite allo stesso tempo, che hanno completamente deformato fisici e menti umane. Non voglio né generalizzare, né colpevolizzare nessuno, soprattutto chi, purtroppo, non ha più modo di controbattere, ognuno ha la libertà di fare ciò che vuole del proprio corpo, ma, in quanto personaggi pubblici e soprattutto modelli di vita e di comportamento spesso anche per i più piccoli, ci si dovrebbe pensare bene prima di rischiare il peggio.
La famiglia Von Erich letteralmente rasa al suolo da premature scomparse e suicidi, il dramma di Brian Pilman, i decessi dei leggendari Mr.Perfect, Yokozuna, Andrè the Giant, British Bulldog fino ai più recenti casi, per esempio di Hawk, Crash Holly e Miss Elizabeth, o la vita “gonfiata” di persone senza più punti di riferimento, come il campione Lex Luger, devono far almeno riflettere. In certi casi si tratta di decessi per cause naturali, in altre circostanze incombe l’ombra del doping, parola ormai priva di significato in un wrestling, ormai una via di mezzo tra sport e body building per quanto riguarda il controllo degli atleti. E’ inutile e almeno ipocrita che la WWE, in tal caso, pianga l’ennesima vittima di un circolo di morte che va interrotto. Le responsabilità sono di tutti. Il doping è la punta dell’iceberg, non esiste solo quello. I wrestlers, seppur profumatamente pagati (ma credo solo i “big”), non devono subire, come rovescio della stessa medaglia, un trattamento spesso oltre il limite della dignità umana. Non dovrebbero diventare cavie da laboratorio, pacchi da trasportare e consegnare da un continente all’altro, perdendo perfino l’orizzonte temporale e spaziale. La tanto sperata attesa della TNA, me lo auguro, porti anche ad una migliore gestione del parco lottatori, più umana, più consona ad una società del terzo millennio, altrimenti saremmo costretti a rimpiangere altri lottatori, altri mastodontici energumeni che hanno fatto il passo più lungo della gamba…
Intanto mi auguro che il direttivo WWE abbia almeno il buongusto di eliminare dalla circolazione il promo “Undertaker 1990-2005 RIP”, perché anche e soprattutto gli uomini morti, morti davvero, hanno diritto a ricevere rispetto e non storielle da baracconi…
Ciao Eddie

FONTE: REALWRESTLING.NET