Julio Cesar: si torna al campionato, dopo il pareggio in casa della Juventus, l'Inter ha avuto ancora di più la percezione che quel punto abbia praticamente chiuso il campionato?
"No, per me è stato così, e credo di parlare anche a nome di tutta squadra perchè i miei compagni la pensano come me. È stato un peccato che la partita contro la Juventus sia terminata sull'1-1 perché abbiamo fatto una splendida gara e quel gol alla fine è stato un dispiacere per tutti quanti, perchè ha dato ragione alla nostra prestazione. Però, ciò che davvero contava, in quella partita, era non perdere".
Da cosa nascono le incertezze che non vi permettono di pronunciare ancora la parola 'scudetto'? Forse dall'esperienza dello scorso anno?
"Da quando sono arrivato in Italia ho visto cosa accadeva nel vostro campionato: squadre che avevano 10, 11 punti di distacco dalle inseguitrici, alla fine non sempre riuscivano a centare l'obiettivo. Però una cosa del genere non mi passa neanche per la testa, 10 punti in questo momento sono tanti, mancano 6 giornate alla fine del campionato e credo che dobbiamo solo rimanere tranquilli, continuando a fare il nostro lavoro come fatto fino ad adesso, e concentrati perché matematicamente il campionato non è ancora chiuso".
Quello attualmente in corso è il campionato più difficile tra quelli vinti dall'Inter?
"Questa è la mia quarta stagione all'Inter e posso dire che questo campionato è sicuramente più equilibrato rispetto a quelli passati perchè ci sono più squadre in grado di mettere in difficoltà gli avversari. L'Udinese, ad esempio, ha cominciato bene, come anche il Napoli e il Palermo. Quando sono arrivato in Italia sentivo dire che c'erano solo quattro squadre: Juventus, Milan, Inter e Roma. Con il passare del tempo ho capito che non era affatto così, quello italiano è un campionato molto difficile da vincere però penso che l'Inter stia facendo alla grande in questi ultimi anni perché ha trovato l'equilibrio giusto. Sono contento".
Quindi si può affermare che l'Inter abbia trovato la giusta mentalità?
"Secondo me sì, perché quando si raggiungono certi livelli, quando si comincia a vincere, si inizia anche a sviluppare la fiducia giusta e ad assaporare il gusto della vittoria. È stato così da quando nella terza stagione con Roberto Mancini abbiamo vinto 17 partite consecutive in campionato e abbiamo segnato il record in Europa. Quando cominci a provare certe sensazioni vorresti non farle scivolare più via, vorresti vincere sempre".
Quanto merito ha Julio Cesar negli scudetti dell'Inter?
"Io sono profondamente contento per quello che sto facendo in questi ultimi anni. Credo che dal primo scudetto che abbiamo vinto sul campo, nell'anno in cui girava voce che l'Inter volesse prendere Gianluigi Buffon, sono sempre stato abbastanza tranquillo, consapevole delle mie qualità e del fatto che avrei potuto dare anch'io il mio contributo in questa società. Da quel momento ho cominciato a crescere nel campionato italiano ed essere in questa squadra mi è servito tanto, per acquisire la mentalità giusta, per avere più fiducia in me stesso, per scendere in campo con sicurezza e alla fine sta accadendo tutto quello che sognavo sin da quando sono arrivato: raggiungere il livello di altri grandissimi portieri come Buffon, Cech, Reina e avere il rispetto di tutti quanti, dei compagni e della società. Questa per me è una cosa bellissima e un orgoglio molto grande che sento dentro di me perché non è facile riuscire a vincere fuori dal tuo paese natale, lontano dalla tua famiglia. Sono contento per quello che sta accadendo nella mia vita, è una cosa strepitosa, penso sia il momento più bello della mia carriera. Essere riconosciuto tra i migliori portieri non è un attestato che cerco, però, tutto quello che si dice su di me, il fatto che in tanti mi giudichino il migliore, mi elenchino tra i tre portieri più forti, mi da solo la voglia di lavorare ancora di più".
Quando si parla di miglior portiere Julio Cesar è sempre molto prudente... "Si, perché il portiere è un ruolo diverso rispetto agli altri, perché è strettamente correlato a un certo momento. Ci sono dei portieri che vivono dei momenti brutti e altri che vivono dei momenti buoni e quando parli di grandissimi portieri è perché questi riescono a mantenere una certa regolarità per tanti anni. Buffon è un portiere che, da quando ha esordito in serie A, fa sempre delle partite strepitose, è sempre importante per la squadra. La stessa cosa vale per Cech, Reina o Casillas. Sono tutti portieri che fanno la differenza e, allo stesso tempo, mantengono una certa regolarità per tanto tempo, sbagliando pochissimo. Credo sia questo il segreto di un grande portiere e io cerco sempre di raggiungere un livello così".
Lei ha portato come esempio del grande portiere la sua prestazione in Napoli-Inter dello scorso anno. Che ricordo ha di quella sera?
"Ha toccato un punto importante. Penso che per giocare nel mio ruolo si debba avere questa mentalità: quando si sbaglia è necessario mantenere comunque la giusta tranquillità e la giusta concentrazione perché la partita continua. Un errore può capitare a chiunque e può farti perdere il controllo della gara. In Napoli-Inter, dopo 3 minuti di gioco, ho sbagliato un passaggio diretto a Chivu e Zalayeta è stato bravo ad approfittarne e a segnare il gol del vantaggio, però subito dopo mi sono ripreso e mi son detto: 'È una partita importante, devo giocare bene, devo essere consapevole della forza della mia squadra che può sempre ribaltare il risultato, abbiamo ribaltato tante volte il risultato in questa stagione'. Penso che quella sia stata una delle migliori partite che ho giocato da quando sono arrivato all'Inter".
Cosa pensa del suo connazionale Rubinho?
"Sono molto felice per quello che, attualmente, sta accadendo a noi portieri brasiliani. Il portiere era un ruolo non tanto rispettato qui in Europa, ma oggi ci sono 10/11 portieri che giocano in questi campionati e sono titolari nei loro club. Anche noi stessi abbiamo acquistato più rispetto nel nostro ruolo. Conosco Rubinho da quando giocava in Brasile, nel Corinthias e sapevo già che era un portiere tecnicamente fortissimo perché non è affatto facile giocare in una squadra del genere, nella quale la pressione è alle stelle. Lui è arrivato in Europa come se avesse già giocato tanti anni qui e penso che se continuerà a fare delle grandi prestazioni come sta facendo, un giorno avrà anche la possibilità di indossare la maglia della nostra nazionale".
Quanto le ha dato fastidio il razzismo di cui è stato vittima Mario Balotelli?
"Non ho visto episodi del genere solo nei confronti di Mario, ho vissuto tante volte questo tipo di atteggiamenti anche con altri compagni. Penso sia una cosa bruttissima, ma non voglio approfondire di più questo tipo di discorsi. Credo si stia pensando di fare qualcosa affinchè questo tipo di cose non accadano più negli stadi. È una cosa brutta che non serve da esempio a nessuno, perché ci sono tanti bambini che guardano e amano il calcio e la mia speranza è che loro possano trovare una via di mezzo, cioè capire che questo non fa parte dello sport. È importante perché il calcio è molto bello, è lo sport più seguito in tutto il mondo e non è bello quando accadono certi episodi. Questa è una cosa bruttissima che penso che non vada bene".
Qualcuno si aspettava che fossero i calciatori a fare un gesto per fermare questo tipo di atteggiamenti...
"Credo sia compito di tutti fare qualcosa e credo anche che se ci si unisce si possa anche riuscire a fare qualcosa di positivo: con noi calciatori, con coloro che lavorano fuori dal campo e con le società, è un argomento che va discusso insieme".
Le dispiace non avere più Adriano come compagno?
"Preferirei non parlare di Adriano, l'ho già fatto tante volte. Credo che lui abbia fatto la cosa migliore per lui stesso. Mi dispiace perchè, non solo io in quanto brasiliano, ma anche tutti i compagni avrebbero voluto che oggi lui fosse qui con noi. Adesso, però, credo sia meglio lasciarlo in pace: sta riposando, sta pensando a cosa fare del suo futuro. Quello che mi auguro è che possa riprendere a giocare a calcio il prima possibile perché tutti conosciamo quali siano le sue qualità e la sua forza".
Si dice anche che Julio Cesar sia il miglior portiere anche con i piedi...
"(ndr.: sorride) Penso di essere stato molto fortunato. Da ragazzo giocavo in altri ruoli e ho acquisito un po' di tecnica che per un portiere che gioca nel calcio attuale è una cosa molto importante. Però, è vero, a volte accadono cose strane: in una partita contro il Catania giocata San Siro ho ricevuto una palla all'indietro, io volevo puntare Vargas, ma mi è scivolata la palla, per fortuna ho avuto il tempo di tornare indietro e deviare la palla, in scivolata, in calcio d'angolo. L'allenatore era Roberto Mancini, e in quell'occasione mi disse: "Non ci provare più, altrimenti non ti faccio più giocare". Da quella volta sto un po' più attento, quando la palla arriva la rinvio in avanti. Ma quando la si può giocare la gioco perché ho fiducia nelle mie capacità. Se non ho un'altra possibilità, rischio (ndr.: sorride)".