Molto duro quest'articolo di Tommaso Lorenzini, apparso ieri su Libero, nei confronti di Marotta e della società.
*************************************************************************************************************************************************************
Zavorra Marotta
In 32 anni di carriera nessun titolo per il direttore più sopravvalutato della A. Il progetto bianconero scricchiola e son già finiti i quattrini
Cosa ci sia di sbagliato in questa Juve, forse non lo sa neppure il suo architetto, quel Beppe Marotta che a giugno ha accettato con entusiasmo la proposta di Andrea Agnelli, pregustando la consacrazione sportiva, e che ora invece si trova a dover metter mano al suo giocattolo, inceppato e conciato peggio di un anno fa (due punti in meno della gestione Blanc: "Juvinese", la chiamano, o "Juvedoria"), in quello che era stato proclamato l’anno del rilancio.
Certo, Marotta non ha mai considerato perfetta la sua Juve ma ben fatta sì: «Gli obiettivi societari sono stati realizzati - esclamava soddisfatto a fine estate -, abbassando l’età e rinnovando la rosa del 50%». D’altronde, cosa deve temere uno che ha stravinto la scommessa-Cassano? Eppure, i numeri e le performance hanno finora bocciato quasi tutto (compresa la gestione Buffon-Del Piero, che predicano calma: e ieri è scoppiato il caso Sissoko). È vero, la Juve (club e tifosi) ha fretta di vincere, le condizioni peggiori per chi arriva predicando che «ci sarà un’evoluzione graduale ». Di graduale, fra i tifosi (14mila abbonati contro i 18.070 del 2009/10), ha iniziato a strisciare il sospetto che poi, ’sto Marotta, bravo sia bravo, ma la Juve non è il Venezia. Che si tratti allora di un equivoco?
ESPERIENZA Cinquantatre anni, Beppe è nel calcio da 33, da quando prende in mano le redini della sua Varese, fino all’87, quando lascia dopo la retrocessione in C2 e approda a Monza. In quegli anni ambiziosi, escono alla ribalta ragazzi come Casiraghi e Antonioli, si punta in alto:un nuovo stadio (il Brianteo) e la caccia alla serie A. La realtà è diversa: nel 1990 i brianzoli retrocedono nuovamente in C1 e Marotta si trasferisce al Como, stessa categoria, senza particolari vittorie. Tre anni, seguiti da un biennio a Ravenna (con una retrocessione in C1), poi il varesino accetta la corte del Venezia di Zamparini, primo vero salto di qualità: cinque anni (dal 1995) culminati nella storica promozionein A e nella salvezza l’anno successivo. Bene il periodo all’Atalanta, benissimo alla Samp, dove nel 2003 riconquista la A e nel 2010 la qualificazione in Champions. E finalmente la Juve, dove ricominciano i guai. Con lui mister Delneri e il fido collaboratore Paratici; Simone Pepe è il primo di dodici acquisti in sette mesi,mosse che finora hanno però portato fuori dalla modesta E-League e a un imbarazzante stallo in serie A. Nonostante la coppia centrale nazionale, nonostante il biondo Krasic (arrivo più costoso), la Signora che cambia faccia si ritrova con il profilo di una provinciale (Rinaudo, Martinez, Traoré), capace di exploit con il Milan ma anche di prendere 7 gol in due partite.
ZERO SOLDI Gli infortuni hanno stravolto i piani,ma per rimediare - dopo i "no" estivi di Borriello e Di Natale - si è andati a prendere Toni (33 anni, 3 gol in stagione), permettendo a Trezeguet (stessa età, 171 gol in bianconero) di accasarsi all’Hercules e segnare 9 reti, pagandogli perfino 3 milioni dei 4,5 di stipendio. Il progetto Marotta-4-4-2 va comunque avanti («Lavorare e stare zitti, ma il momento non è drammatico »), con quale futuro e quali soldi non
è chiaro. Mancano i 20 milioni del fallito approdo alla Champions, l’extra-bonus degli Agnelli difficilmente arriverà, e a giugno il conto potrebbe crescere: ci sarà da riscattare giocatori che, voluti con forza dal nuovo corso, non si sono dimostrati da Juve. Figuriamoci se, come dice la classifica attuale (e all’Inter mancano due gare), la Signora rimanesse ancora fuori dall’Europa dei big.