Ho preso questo interessante articolo da "ilromanista.it"...si riferisce alla partita contro la Reggina...penso che da oggi vedremo in campo una nuova Roma, o meglio disposta diversamente (4-1-4-1)...
PS: capirete anche leggendo solo il grassetto...
AS ROMA | oggi - ore 11:04
De Rossi s'abbassa,
tutta la Roma si rialza
DANIELE LO MONACO
Settimane di discussioni su questioni di ordine psicologico, atletico, tecnico, tattico, sondaggi tra tifosi comuni e più conosciuti, dibattiti radiofonici e televisivi, inchieste giornalistiche approfondite e insinuanti, poi sposti di cinque metri un giocatore e all’improvviso ritrovi la Roma. Se amassimo certe frettolose conclusioni, potremmo davvero sostenere e argomentare la teoria pro domo nostra per cui alla moribonda squadra giallorossa sia bastato invertire il triangolo dei centrocampisti per arrivare all’immediata guarigione dando pure sprazzi di sorprendente vitalità. Ma chi segue questa rubrica sa che per quanto in essa si trovino spesso spiegazioni logiche per capire attraverso la lente d’ingrandimento dell’analisi tattica il senso di una partita, non c’è mai stata poi la pretesa di fornire un’unica chiave di lettura a quel gaudioso mistero chiamato calcio. Però alla fine della gara anche Spalletti s’è soffermato su un aspetto che non su tutti i giornali è stato colto: «Effettivamente, spostare De Rossi quale unico filtro davanti alla difesa avanzando Brighi sulla linea di Aquilani e dei due esterni ci è servito per difenderci con più ordine senza mai lasciare quell’imbuto centrale che in queste ultime partite ci ha creato molte difficoltà». Vediamo di spiegare meglio.
Provate a disegnare in maniera simmetrica su un foglio rettangolare, il nostro immaginario campo di calcio, gli undici puntini del consueto sistema tattico della Roma, con un portiere, quattro difensori, due mediani davanti alla difesa, tre trequartisti e una punta. Vedrete che nel fondamentale presidio di fronte alla linea difensiva, i due mediani si dividono porzioni di campo uguali e, in linea teorica, gli avversari che da quella parte attaccheranno. Ma se nel dispositivo avversario è prevista la presenza di un uomo solo in quella zona, piazzato magari alle spalle del singolo o dei due attaccanti, non è facile dividersi l’onere della sua marcatura, soprattutto quando la condizione non è ancora brillantissima. E’ quello che è accaduto a Palermo, ad esempio, quando l’intelligentissimo Simplicio ha messo da solo in difficoltà Pizarro e De Rossi (poi Brighi) piazzandosi sempre alle spalle del mediano più avanzato, costringendo ad “uscire” un difensore per marcarlo e liberando così grandi varchi per Miccoli e Cavani più avanti. Anche allora la soluzione sarebbe stata quella di abbassare un mediano romanista, ma l’uscita prematura di De Rossi (perfetto per questo ruolo) ha costretto Spalletti a continuare così.
Questa soluzione ha dato maggior solidità alla Roma contro la Reggina e psicologicamente le ha consentito di acquisire serenità nell’evoluzione dell’incontro che infatti ha gestito con crescente convinzione, fino al gol, poi bissato ad inizio ripresa. E in vantaggio, e rassicurata della propria compattezza, la squadra non ha mai perso equilibrio (se non in un paio di ripartenze causate da appoggi sbagliati, e comunque subito contenute) e alla fine ha concesso appena un tiro nello specchio alla Reggina, piacevole novità rispetto ai 9 del Cluj, ai 6 del Palermo, ai 6 del Napoli, ai 10 dell’Inter. Un dato su tutti indica la ritrovata solidità: la lunghezza media sul campo stavolta è stata contenuta in 46,4 metri, misura più che accettabile ma ulteriormente migliorabile. Anche la Reggina è rimasta corta, addirittura di più (41,6), ma col baricentro tutto spostato all’indietro (48 metri rispetto ai 56 giallorossi): e quindi è rimasta lontanissima dalla porta di Doni.
Qualche indicazione, infine, sui singoli: Menez è andato bene soprattutto per gli strappi che sa dare alla manovra con le sue accelerazioni palla al piede, ma a volte questo può essere anche un difetto. Il francese ancora partecipa poco alla manovra (un paio di volte ha preferito la conclusione personale invece che servire compagni meglio piazzati) e tiene troppo la palla anche per la sua innata tendenza all’accentramento (spesso Spalletti gli ricordava di restare largo): ma migliorerà con gli allenamenti tattici specifici. E poi Taddei, che è tornato ad incidere pesantemente: Rodrigo è stato il secondo dopo De Rossi per numero di giocate utili, quello che ha subito più falli, il secondo dopo Brighi per gli assist e il terzo a recuperare palloni. Quantità nella qualità: la sua specialità.
analisi tattiche interessanti
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Re: analisi tattiche interessanti
AS ROMA | 30-09-2008 - ore 18:46
ROMA-ATALANTA, L'ANALISI TATTICA
DANIELE LO MONACO
Se di solito è il risultato a mettere d’accordo esperti, semplici osservatori e appassionati della materia calcistica, nessuno troverà nulla da obiettare sulla limpidezza della vittoria della Roma sull’Atalanta, proprio in virtù di un dato numerico che non ammette obiezioni: la squadra giallorossa è passata in vantaggio dopo poco più di un quarto d’ora, ha raddoppiato dopo poco più di mezz’ora e per il resto della partita ha gestito il pallone senza mai scoprirsi alle incursioni avversarie, come testimonia il numero zero nella casella tiri in porta subiti (e una sola occasione reale, quella di Valdes). In pratica la Roma ha giocato (bene) solo un tempo, il primo, tirando i remi in barca nel secondo, ma con intelligenza, ordine, equilibrio. I dati parlano chiaro: il possesso palla è passato dal 55% del primo tempo al 37% della ripresa, le palle giocate dal 53% al 37%, i passaggi riusciti dal 54% al 31%, le giocate utili dal 54% al 41%, il baricentro s’è spostato da 55 metri a 52 (e quello atalantino da 50 a quasi 57), il pressing difensivo abbassato da 42 metri a 33. Finalmente, poi, la Roma è stata spietata nelle occasioni da rete: due ne ha avute, due ne ha realizzate. Anche tatticamente, la differenza è stata sensibile: nel primo tempo la Roma è rimasta corta in quasi 49 metri, nella ripresa s’è allungata fino a più di 56 metri.
Ciò che emerge con chiarezza, insomma, è la precisa scelta tattica: facendo di necessità virtù, Spalletti ha chiesto (e ottenuto) alla sua squadra di giocare con maggior accortezza senza sprecare inutili energie offensive, restando compatta all’indietro e creando magari le occasioni per qualche ripartenza letale. E il compitino è stato condotto con invidiabile maturità. Più avanti, magari dopo la sosta quando torneranno molti degli infortunati, ci sarà modo di migliorare le performance. La sensazione è che anche la prestazione di Bordeaux (fondamentale per un positivo epilogo del girone di qualificazione di Champions) sarà impostata sulla stessa falsariga: inizio accorto, squadra compatta, sistema bloccato sul 4-1-4-1 (con la sicurezza di un De Rossi in più e un presumibile ballottaggio Brighi-Perrotta per il ruolo di mezz’ala destra), ricerca della superiorità numerica per le transizioni, grande attenzione in copertura soprattutto degli esterni.
Quanto ai singoli, la partita con l’Atalanta fornisce ulteriori spunti di riflessione su alcuni giocatori. Menez, ad esempio, garantisce strappi improvvisi ed imprevedibili da cui nascono situazioni di superiorità numerica che presto o tardi porteranno grandi benefici nello sviluppo delle manovre offensive. Ma la giovane età, l’inesperienza specifica alle platee italiane e più in generale la desuetudine a palcoscenici di primissimo livello lo portano a commettere degli errori che nell’economia di una partita potrebbero anche rivelarsi fatali. Due le ingenuità da sottolineare: al 7’ del primo tempo, ad esempio, non si è reso conto di essere in evidente fuorigioco su un’imbeccata di Taddei e ha tolto la conclusione davanti al portiere a Perrotta che invece era partito in anticipo su tutti i difensori e in posizione regolare. Al 15’ della ripresa, invece, non ha colto il tempo esatto sulla sovrapposizione perfetta di Vucinic dandogli il pallone con un “passo” di ritardo, vanificando così una chiarissima occasione da gol.
In positivo, invece, va sottolineata ancora la prova di Cicinho: motore preciso e instancabile di tutte le azioni offensive sul fronte destro (in perenne sovrapposizione a Taddei) e attento controllore della sua zona di pertinenza, resa praticamente inaccessibile a Padoin (sostituito subito) e anche agli estemporanei intrusi della ripresa (a volte Floccari, a volte Valdes). Non per caso, nella sua fascia destra la Roma ha recuperato 34 palloni contro i 21 del fronte opposto e da destra sono arrivati addirittura l’81% dei cross. E nelle classifiche di giornata, il brasiliano è stato quello che ha giocato il maggior numero di palloni, il secondo dopo Aquilani per la qualità dei passaggi e il primo nel numero delle palle recuperate (23, contro le 21 di Panucci, le 17 di Mexes e Perrotta, le 13 di Riise). E se è vero che l’unica occasione atalantina è arrivata dalla sua parte, nel caso specifico va elogiata soprattutto la prodezza di De Ascentis che con un colpo di tacco ha tagliato fuori mezza difesa.
ROMA-ATALANTA, L'ANALISI TATTICA
DANIELE LO MONACO
Se di solito è il risultato a mettere d’accordo esperti, semplici osservatori e appassionati della materia calcistica, nessuno troverà nulla da obiettare sulla limpidezza della vittoria della Roma sull’Atalanta, proprio in virtù di un dato numerico che non ammette obiezioni: la squadra giallorossa è passata in vantaggio dopo poco più di un quarto d’ora, ha raddoppiato dopo poco più di mezz’ora e per il resto della partita ha gestito il pallone senza mai scoprirsi alle incursioni avversarie, come testimonia il numero zero nella casella tiri in porta subiti (e una sola occasione reale, quella di Valdes). In pratica la Roma ha giocato (bene) solo un tempo, il primo, tirando i remi in barca nel secondo, ma con intelligenza, ordine, equilibrio. I dati parlano chiaro: il possesso palla è passato dal 55% del primo tempo al 37% della ripresa, le palle giocate dal 53% al 37%, i passaggi riusciti dal 54% al 31%, le giocate utili dal 54% al 41%, il baricentro s’è spostato da 55 metri a 52 (e quello atalantino da 50 a quasi 57), il pressing difensivo abbassato da 42 metri a 33. Finalmente, poi, la Roma è stata spietata nelle occasioni da rete: due ne ha avute, due ne ha realizzate. Anche tatticamente, la differenza è stata sensibile: nel primo tempo la Roma è rimasta corta in quasi 49 metri, nella ripresa s’è allungata fino a più di 56 metri.
Ciò che emerge con chiarezza, insomma, è la precisa scelta tattica: facendo di necessità virtù, Spalletti ha chiesto (e ottenuto) alla sua squadra di giocare con maggior accortezza senza sprecare inutili energie offensive, restando compatta all’indietro e creando magari le occasioni per qualche ripartenza letale. E il compitino è stato condotto con invidiabile maturità. Più avanti, magari dopo la sosta quando torneranno molti degli infortunati, ci sarà modo di migliorare le performance. La sensazione è che anche la prestazione di Bordeaux (fondamentale per un positivo epilogo del girone di qualificazione di Champions) sarà impostata sulla stessa falsariga: inizio accorto, squadra compatta, sistema bloccato sul 4-1-4-1 (con la sicurezza di un De Rossi in più e un presumibile ballottaggio Brighi-Perrotta per il ruolo di mezz’ala destra), ricerca della superiorità numerica per le transizioni, grande attenzione in copertura soprattutto degli esterni.
Quanto ai singoli, la partita con l’Atalanta fornisce ulteriori spunti di riflessione su alcuni giocatori. Menez, ad esempio, garantisce strappi improvvisi ed imprevedibili da cui nascono situazioni di superiorità numerica che presto o tardi porteranno grandi benefici nello sviluppo delle manovre offensive. Ma la giovane età, l’inesperienza specifica alle platee italiane e più in generale la desuetudine a palcoscenici di primissimo livello lo portano a commettere degli errori che nell’economia di una partita potrebbero anche rivelarsi fatali. Due le ingenuità da sottolineare: al 7’ del primo tempo, ad esempio, non si è reso conto di essere in evidente fuorigioco su un’imbeccata di Taddei e ha tolto la conclusione davanti al portiere a Perrotta che invece era partito in anticipo su tutti i difensori e in posizione regolare. Al 15’ della ripresa, invece, non ha colto il tempo esatto sulla sovrapposizione perfetta di Vucinic dandogli il pallone con un “passo” di ritardo, vanificando così una chiarissima occasione da gol.
In positivo, invece, va sottolineata ancora la prova di Cicinho: motore preciso e instancabile di tutte le azioni offensive sul fronte destro (in perenne sovrapposizione a Taddei) e attento controllore della sua zona di pertinenza, resa praticamente inaccessibile a Padoin (sostituito subito) e anche agli estemporanei intrusi della ripresa (a volte Floccari, a volte Valdes). Non per caso, nella sua fascia destra la Roma ha recuperato 34 palloni contro i 21 del fronte opposto e da destra sono arrivati addirittura l’81% dei cross. E nelle classifiche di giornata, il brasiliano è stato quello che ha giocato il maggior numero di palloni, il secondo dopo Aquilani per la qualità dei passaggi e il primo nel numero delle palle recuperate (23, contro le 21 di Panucci, le 17 di Mexes e Perrotta, le 13 di Riise). E se è vero che l’unica occasione atalantina è arrivata dalla sua parte, nel caso specifico va elogiata soprattutto la prodezza di De Ascentis che con un colpo di tacco ha tagliato fuori mezza difesa.
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