Baiano: Zeman era una macchina da guerra
Inviato: 21.10.10 - 23:30
Riporto l'intervista al grande Ciccio Baiano.
Fonte: foggialandia.it
Francesco “Ciccio” Baiano, attuale vice di Giuseppe Sannino alla guida del Varese, in un intervista rilasciata a VareseNotizie.it dal sapore amarcord, parla del suo tecnico del "grande Foggia" della stagione 1990/91, Zdenek Zeman: "Era un gran cultore del lavoro, una specie di macchina da guerra, ma anche un grande motivatore – ricorda "Ciccio" -. Ci allenavamo tantissimo durante la settimana, a volte le sedute erano quasi stressanti. Però era un lavoro che pagava, perché in quegli anni io finivo una partita e potevo cominciarne subito un'altra. Adesso sento dire che le squadre lavorano troppo, ma tra la preparazione di oggi e quella che facevo io con Zeman non c'è assolutamente paragone. Il mister aveva un carattere molto particolare: ci diceva sempre che per vincere serviva solo una cosa, fare un gol più degli altri. Un paio di volte è anche capitato che uno di noi segnasse, ma lui, invece di applaudirlo, lo rimproverava perché in quel momento dell'azione non doveva essere li ma da un'altra parte".
A distanza di 20 anni esatti il boemo è tornato a Foggia: "Lo ha fatto per riportare la squadra e il pubblico dove meritano – taglia corto Baiano -. In Serie A".
Quando parla del tridente gli occhi dell'attuale vice allenatore del Varese si illuminano: "Premetto che per un attaccante giocare con Zeman è il massimo: però se non fai almeno 20 gol con lui... è meglio cambiare professione. Arrivavo dall'Avellino, dove non avevo fatto bene, mentre l'anno prima, a Empoli, avevo realizzato 14 gol in B. Il mister credeva in me e mi volle fortemente, mi pagarono 4 miliardi, una cifra altissima per quegli anni. Giocavo in mezzo, a sinistra c'era Signori e a destra Rambaudi: ci trovavamo a occhi chiusi e il merito era del lavoro che si faceva sul campo. Tutti i giorni provavamo schemi, perciò arrivati a un certo punto era automatico trovarsi; anche se non vedevo i miei compagni sapevo esattamente dov'erano piazzati. Tornai a Foggia dopo 13 anni e alcuni ragazzini del posto sapevano chi ero e cosa avevo fatto; avevano visto e rivisto le videocassette di quegli anni".
Spazio, infine, ai ricordi: "Che emozione giocare a Foggia, c'era sempre lo stadio pieno e quando i tifosi saltellavano sembrava che tutto si muovesse. Ricordo di aver visto gente seduta sui riflettori perché non avevano trovato un posto dove sistemarsi. In Puglia ho lasciato molti amici e mi piacerebbe ritornare".
Fonte: foggialandia.it
Francesco “Ciccio” Baiano, attuale vice di Giuseppe Sannino alla guida del Varese, in un intervista rilasciata a VareseNotizie.it dal sapore amarcord, parla del suo tecnico del "grande Foggia" della stagione 1990/91, Zdenek Zeman: "Era un gran cultore del lavoro, una specie di macchina da guerra, ma anche un grande motivatore – ricorda "Ciccio" -. Ci allenavamo tantissimo durante la settimana, a volte le sedute erano quasi stressanti. Però era un lavoro che pagava, perché in quegli anni io finivo una partita e potevo cominciarne subito un'altra. Adesso sento dire che le squadre lavorano troppo, ma tra la preparazione di oggi e quella che facevo io con Zeman non c'è assolutamente paragone. Il mister aveva un carattere molto particolare: ci diceva sempre che per vincere serviva solo una cosa, fare un gol più degli altri. Un paio di volte è anche capitato che uno di noi segnasse, ma lui, invece di applaudirlo, lo rimproverava perché in quel momento dell'azione non doveva essere li ma da un'altra parte".
A distanza di 20 anni esatti il boemo è tornato a Foggia: "Lo ha fatto per riportare la squadra e il pubblico dove meritano – taglia corto Baiano -. In Serie A".
Quando parla del tridente gli occhi dell'attuale vice allenatore del Varese si illuminano: "Premetto che per un attaccante giocare con Zeman è il massimo: però se non fai almeno 20 gol con lui... è meglio cambiare professione. Arrivavo dall'Avellino, dove non avevo fatto bene, mentre l'anno prima, a Empoli, avevo realizzato 14 gol in B. Il mister credeva in me e mi volle fortemente, mi pagarono 4 miliardi, una cifra altissima per quegli anni. Giocavo in mezzo, a sinistra c'era Signori e a destra Rambaudi: ci trovavamo a occhi chiusi e il merito era del lavoro che si faceva sul campo. Tutti i giorni provavamo schemi, perciò arrivati a un certo punto era automatico trovarsi; anche se non vedevo i miei compagni sapevo esattamente dov'erano piazzati. Tornai a Foggia dopo 13 anni e alcuni ragazzini del posto sapevano chi ero e cosa avevo fatto; avevano visto e rivisto le videocassette di quegli anni".
Spazio, infine, ai ricordi: "Che emozione giocare a Foggia, c'era sempre lo stadio pieno e quando i tifosi saltellavano sembrava che tutto si muovesse. Ricordo di aver visto gente seduta sui riflettori perché non avevano trovato un posto dove sistemarsi. In Puglia ho lasciato molti amici e mi piacerebbe ritornare".