Antonio Candreva, il rabdomante dei rosiconi...
Tutti avevamo accolto con perplessità quell’acquisto fatto “a zero a zero” in cambio di Del Nero all’ultimo minuto di un mercato di gennaio sconcertante per l’assenza di colpi. Anzi, che aveva portato alla cessione di Cisse e all’arrivo di Alfaro. Candreva era un giocatore di talento con un grande futuro ma alle spalle. Uno passato gradualmente in discesa dalla Nazionale, conquistata con il Livorno ad una tristissima panchina con il Cesena, con in mezzo l’incolore transito alla Juventus e l’ impalpabile permanenza all’ Udinese. Per di più l’aver dichiarato (come tanti altri, si intende) il desiderio di giocare un giorno con il numero 10 della Roma, non deponeva decisamente a suo favore in una città in cui il derby si vive 365 giorni all’anno e nella quale la rivalità cittadina e l’odio per i “cugini” è quasi una ragione di vita, più importante a volte addirittura del tifo per la propria squadra. Ma Antonio Candreva, non ci stancheremo mai di dirlo, ha risposto come solo i grandi professionisti sanno fare. Ha “abbozzato”, come si dice a Roma, ha incassato senza battere ciglio. Si è preso i fischi e insulti, sapendo lui per primo che erano ampiamente da mettere in conto. Ha lavorato tanto, a testa bassa e in silenzio, per rimontare posizioni. E lo ha fatto, metaforicamente parlando, arrampicandosi su una parete liscia, ripida e senza appigli, con la sola forza della volontà. Passo dopo passo, centimetro dopo centimetro.E quindi, anche per un “Nazional-scettico” come il sottoscritto era assolutamente obbligatorio seguire il suo strameritato approdo alla Confederations Cup con la maglia azzurra numero 6.
Limitiamo il Nazional-scetticismo ad una semplice annotazione di superficie. Per motivi di modulo o per chissà cos’altro ci limitiamo, appunto, solo a far notare che il miglior esterno destro del campionato, di gran lunga il miglior esterno destro del campionato, all’inizio del torneo è partito sistematicamente in panchina, escluso dai titolari azzurri, da una squadra sbarcata in Brasile con lo sponsorizzatissimo Cerci nettamente in pole position nelle presunte gerarchie. Poi è successo che l’ Italia ha perso qualche pezzo, che Prandelli ha deciso di rivedere gli schemi e che Antonio Candreva da Tor de’ Cenci ha finalmente avuto la sua chance di indossare una maglia da titolare. Non solo, ma anche agli occhi del Nazional-scettico posizionato diligentemente davanti alla tv assume un ruolo che mai nella sua carriera avrebbe immaginato di ricoprire. Antonio Candreva non solo spinge sulla fascia come un dannato, raccogliendo chissà dove certe energie per lo spunto a fine giugno, dopo una stagione estenuante, con l’aggiunta dei 30 gradi del Brasile e un tasso d’umidità che stronca anche i brasiliani. Non solo mette in croce gli esterni spagnoli campioni di tutto, ma alla fine sembra lui la vera furia rossa in campo, anche se indossa una maglia bianca con la fascia orizzontale azzurra. Non solo rilancia l’azione che è una bellezza guardarlo, bellamente ignorato poi dai compagni in alcune ripartenze in cui si trovava completamente libero su quella fascia destra percorsa decine di volte. Antonio Candreva, in quei tiratissimi 120 minuti con la Spagna nei quali anche per un Nazional-scettico l’Italia meritava ben altra sorte, ha assunto l’incredibile ruolo di “rabdomante dei rosiconi”. E qui, una spiegazione è d’obbligo…