kolao95 ha scritto:
Pensieri e Parole sugli aquilotti 2013/2014
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Pensieri e Parole sugli aquilotti 2013/2014
S.S. Lazio 1900 "quelli che hanno portato il calcioSCOMMESSE a Roma"...
S.S. Lazio 1900 la società calcistica italiana più implicata negli scandali del calcioscommese...ancora parlano di moralità e etica sportiva...
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Pensieri e Parole sugli aquilotti 2013/2014
Reja o Trapattoni ...ora sono curioso di vedere lotito che si inventa la situazione si sta facendo veramente scomoda per luiMeridiano ha scritto:Petkovic via: Reja traghettatore fino all'arrivo di Yakin
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Pensieri e Parole sugli aquilotti 2013/2014
E' finita l'era-Petkovic... Ma anche l'era-Lotito!
di Stefano Greco
Trapattoni o Reja? Stessa minestra, in un caso nuova nell’altro decisamente riscaldata, ma il problema non è la portata che ci verrà messa davanti, il problema è sempre ed esclusivamente lo chef! E gli ingredienti che usa per cucinare piatti descritti come prelibatezze e che spesso e volentieri, più che essere indigesti sono proprio immangiabili!!!
Per questo non mi suscita nessuna curiosità conoscere il nome del nuovo allenatore della Lazio, perché come abbiamo scritto ieri a caldo a Verona si è interrotto ufficialmente il rapporto con Petkovic. Ufficialmente, perché nei fatti il rapporto era già interrotto da mesi, tenuto in piedi solo da quel successo in Coppa Italia che ha aggiunto un trofeo nella nostra bacheca ma che ha prodotto effetti devastanti. Alla lunga, più in casa nostra che dall’altra parte del Tevere, in casa di chi quel 26 maggio si è visto esplodere quella bomba tra le mani.
Con l’arrivo del successore di Petkovic non inizia una nuova era e non ci sarà nessuna svolta. Perché mancano proprio i presupposti: economici, societari e di conseguenza anche ambientali. L’unico risultato è che i giocatori non potranno più usare l’allenatore per giocare a nascondino. Ma niente di più. Ci salveremo in modo più tranquillo, ma oltre quello non si andrà: purtroppo. L’unica svolta può essere un cambio al vertice, un azzeramento totale del passato in modo da poter ripartire veramente, ricostruendo squadra e ambiente sulle macerie di questa gestione devastante, da tutti i punti di vista.
L’era-Lotito è finita, la cosa è sotto gli occhi di tutti, almeno di chi vuole vedere e capire. Ma per far sì che inizi una nuova era, è Lotito che deve fare quella mossa che tutti attendiamo da una vita: aprire un piccolo spiraglio a chi, eventualmente, potrebbe garantire alla Lazio un futuro diverso. Basta un gesto ufficiale, bastano poche parole che non devono essere viste come una resa, ma come un gesto per il bene della Lazio. E di Lotito stesso e della sua famiglia. Perché la situazione è arrivata ad un punto di non ritorno e l’esasperazione è una bomba che può esplodere in qualsiasi momento e con conseguenze imprevedibili. Da settimane sono cresciuti i toni della contestazione, si è passati dai “vaffa” agli auguri di morte e di “convocazione” da parte dell’Altissimo. E sono cose che mettono i brividi, che devono far riflettere tutti, per primo il destinatario di cori e insulti. Oggi, poi, il Senato metterà la parola fine alla questione “Legge sugli stadi”, con l’approvazione di un DDL che impedirà per sempre a Lotito di costruire il nuovo impianto sui terreni della Tiberina e comunque di realizzare un nuovo quartiere intorno allo stadio. Verrà meno, quindi, uno dei motivi principali che hanno spinto Lotito a restare attaccato con le unghie e con i denti alla poltrona di presidente della Lazio. E chissà che questo non lo convinca che nella vita a tutto c’è un inizio e soprattutto una fine. E la sua storia con la Lazio, è finita da tempo…
di Stefano Greco
Trapattoni o Reja? Stessa minestra, in un caso nuova nell’altro decisamente riscaldata, ma il problema non è la portata che ci verrà messa davanti, il problema è sempre ed esclusivamente lo chef! E gli ingredienti che usa per cucinare piatti descritti come prelibatezze e che spesso e volentieri, più che essere indigesti sono proprio immangiabili!!!
Per questo non mi suscita nessuna curiosità conoscere il nome del nuovo allenatore della Lazio, perché come abbiamo scritto ieri a caldo a Verona si è interrotto ufficialmente il rapporto con Petkovic. Ufficialmente, perché nei fatti il rapporto era già interrotto da mesi, tenuto in piedi solo da quel successo in Coppa Italia che ha aggiunto un trofeo nella nostra bacheca ma che ha prodotto effetti devastanti. Alla lunga, più in casa nostra che dall’altra parte del Tevere, in casa di chi quel 26 maggio si è visto esplodere quella bomba tra le mani.
Con l’arrivo del successore di Petkovic non inizia una nuova era e non ci sarà nessuna svolta. Perché mancano proprio i presupposti: economici, societari e di conseguenza anche ambientali. L’unico risultato è che i giocatori non potranno più usare l’allenatore per giocare a nascondino. Ma niente di più. Ci salveremo in modo più tranquillo, ma oltre quello non si andrà: purtroppo. L’unica svolta può essere un cambio al vertice, un azzeramento totale del passato in modo da poter ripartire veramente, ricostruendo squadra e ambiente sulle macerie di questa gestione devastante, da tutti i punti di vista.
L’era-Lotito è finita, la cosa è sotto gli occhi di tutti, almeno di chi vuole vedere e capire. Ma per far sì che inizi una nuova era, è Lotito che deve fare quella mossa che tutti attendiamo da una vita: aprire un piccolo spiraglio a chi, eventualmente, potrebbe garantire alla Lazio un futuro diverso. Basta un gesto ufficiale, bastano poche parole che non devono essere viste come una resa, ma come un gesto per il bene della Lazio. E di Lotito stesso e della sua famiglia. Perché la situazione è arrivata ad un punto di non ritorno e l’esasperazione è una bomba che può esplodere in qualsiasi momento e con conseguenze imprevedibili. Da settimane sono cresciuti i toni della contestazione, si è passati dai “vaffa” agli auguri di morte e di “convocazione” da parte dell’Altissimo. E sono cose che mettono i brividi, che devono far riflettere tutti, per primo il destinatario di cori e insulti. Oggi, poi, il Senato metterà la parola fine alla questione “Legge sugli stadi”, con l’approvazione di un DDL che impedirà per sempre a Lotito di costruire il nuovo impianto sui terreni della Tiberina e comunque di realizzare un nuovo quartiere intorno allo stadio. Verrà meno, quindi, uno dei motivi principali che hanno spinto Lotito a restare attaccato con le unghie e con i denti alla poltrona di presidente della Lazio. E chissà che questo non lo convinca che nella vita a tutto c’è un inizio e soprattutto una fine. E la sua storia con la Lazio, è finita da tempo…
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Pensieri e Parole sugli aquilotti 2013/2014
Lotito-Reja: la coerenza e il ritorno del "nonno prodigo"...
di Stefano Greco
“Veron? Non sono per i cavalli di ritono”: 7 gennaio 2009. “Nesta? Non ho mai preso in esame una soluzione simile, non credo alle minestre riscadate”: gennaio 2010. “Petkovic l’ho scelto io, perché è in grado di gestire lo spogliatoio non solo dal punto di vista tecnico, ma anche psicologico e morale. Noi costruiamo sul cemento, non sulla sabbia, quindi il rapporto andrà avanti ben oltre la scadenza fissata”: 14 gennaio 2013. “Nesta? A noi servono giocatori veri, non vecchie glorie”: 16 novembre 2012, poco prima di prendere Saha... E ora, per sostituire Petkovic, ecco servito un bel minestrone caldo, chiamato Edy Reja. Quando si dice la “coerenza”…
Tra le tante lezioni che ci ha rifilato in questi anni Claudio Lotito, quella sulla mancanza di coerenza da parte di tifosi e giornalisti è sempre stata uno dei suoi cavalli di battaglia, anche perché nessuno o quasi in questi due lustri ha mai provato a ricordare a chi gestisce alla Lazio che quasi mai a tante parole sono poi seguiti i fatti annunciati. In una cosa, però, Claudio Lotito è stato coerente, l’affetto per Reja: “La Lazio le è grata per quanto ha fatto e per gli insegnamenti dei quali farà tesoro; sappia che le porte di Formello saranno, per lei, sempre aperte, nella certezza che questo gruppo rimarrà nel suo cuore come simbolo di uno dei momenti più alti della sua carriera. Con affetto e stima”. Questo è il passo finale della lettera aperta scritta il 18 maggio del 2012 da Lotito al tecnico goriziano dopo l’annuncio del definitivo divorzio. Avevamo sperato tutti che fossero solo parole di circostanza e di riconoscenza ma nulla più, invece dopo poco più di un anno e mezzo di progetto-Petkovic, ecco che le porte di Formello si spalancano nuovamente per accogliere il “nonno prodigo” (solo Matusalemme potrebbe chiamare “figliol prodigo” Reja a 68 anni suonati…), che da lunedì rimetterà tuta e zucchetto di lana per rimettere in sesto una baracca che cade stranamente a pezzi, visto che Lotito sostiene di costruire i suoi progetti sul cemento e non sulla sabbia. Ma forse perché per costruire usa materiali di seconda e terza scelta…
Non ho nulla contro Reja, che considero una brava persona, ma mi chiedo dove sia finito il “progetto-giovani”, come si possa pensare di valorizzare dei ragazzi mettendo in panchina uno di 68 anni che i giovani li ha sempre guardati con sospetto, uno che ha guidato la Lazio anagraficamente parlando più vecchia di tutti i tempi. Perché lanciare i giovani era l’obiettivo dichiarato di questa stagione, anche se gli obiettivi in casa Lazio cambiano rapidamente, visto che Tare a inizio stagione parlava di Champions League e di salto di qualità, poi dopo un paio di mesi aveva dichiarato che il vero obiettivo di questo anno di transizione era lanciare i giovani, motivo per cui era stato scelto Petkovic. E ora arriva Reja. Una società con un minimo di coerenza e di progettualità, dovendo traghettare la nave in porto avrebbe scelto una soluzione interna, ad esempio con uno come Bollini che con i giovani ci lavora da sempre e li sa sia far crescere che valorizzare. Invece no, si torna indietro, con una scelta che sancisce la vittoria del gruppo dei “senatori”, quelli che prima hanno fatto la guerra a Petkovic e che poi quando lui li ha riportati in squadra sacrificando qualche giovane lo hanno scaricato del tutto. E in questo caos, Lotito ha scelto Reja, affidandogli il ruolo di Mr Wolf di “Pulp fiction”, magistralmente interpretato da Harvey Keitel
Edy Reja è stato chiamato per “risolvere un problema”: non grosso come quello del 2010, ma comunque abbastanza grosso da convincere Lotito ad optare per uno stra-usato garantito, piuttosto che sul duo Bollini-Inzaghi. Perché ha capito che ora c’è da salvare il salvabile, che l’unica cosa che conta è evitare di affondare, poi, si vedrà. Perché tanto, quando al di la delle parole e dei proclami l’unico progetto reale è quello di tirare a campare, il nome dell’allenatore conta poco o niente. Come non conta giocare bene o male, ma arrivare il prima possibile a quota 40 punti per restare in Serie A e conservare il diritto a incassare quella sessantina di milioni di euro garantiti dai diritti tv. Quelli che servono per continuare a galla, per tirare avanti senza infamia e senza lode, sperando ogni tanto in qualche “botta di c***” da spacciare come “frutto del progetto”. E’ così da quasi 10 anni, sarà così fino all’ultimo giorno di questa gestione. Con la speranza che la fine sia sempre più vicina e con la certezza che ogni giorno che passa è un giorno in meno…
di Stefano Greco
“Veron? Non sono per i cavalli di ritono”: 7 gennaio 2009. “Nesta? Non ho mai preso in esame una soluzione simile, non credo alle minestre riscadate”: gennaio 2010. “Petkovic l’ho scelto io, perché è in grado di gestire lo spogliatoio non solo dal punto di vista tecnico, ma anche psicologico e morale. Noi costruiamo sul cemento, non sulla sabbia, quindi il rapporto andrà avanti ben oltre la scadenza fissata”: 14 gennaio 2013. “Nesta? A noi servono giocatori veri, non vecchie glorie”: 16 novembre 2012, poco prima di prendere Saha... E ora, per sostituire Petkovic, ecco servito un bel minestrone caldo, chiamato Edy Reja. Quando si dice la “coerenza”…
Tra le tante lezioni che ci ha rifilato in questi anni Claudio Lotito, quella sulla mancanza di coerenza da parte di tifosi e giornalisti è sempre stata uno dei suoi cavalli di battaglia, anche perché nessuno o quasi in questi due lustri ha mai provato a ricordare a chi gestisce alla Lazio che quasi mai a tante parole sono poi seguiti i fatti annunciati. In una cosa, però, Claudio Lotito è stato coerente, l’affetto per Reja: “La Lazio le è grata per quanto ha fatto e per gli insegnamenti dei quali farà tesoro; sappia che le porte di Formello saranno, per lei, sempre aperte, nella certezza che questo gruppo rimarrà nel suo cuore come simbolo di uno dei momenti più alti della sua carriera. Con affetto e stima”. Questo è il passo finale della lettera aperta scritta il 18 maggio del 2012 da Lotito al tecnico goriziano dopo l’annuncio del definitivo divorzio. Avevamo sperato tutti che fossero solo parole di circostanza e di riconoscenza ma nulla più, invece dopo poco più di un anno e mezzo di progetto-Petkovic, ecco che le porte di Formello si spalancano nuovamente per accogliere il “nonno prodigo” (solo Matusalemme potrebbe chiamare “figliol prodigo” Reja a 68 anni suonati…), che da lunedì rimetterà tuta e zucchetto di lana per rimettere in sesto una baracca che cade stranamente a pezzi, visto che Lotito sostiene di costruire i suoi progetti sul cemento e non sulla sabbia. Ma forse perché per costruire usa materiali di seconda e terza scelta…
Non ho nulla contro Reja, che considero una brava persona, ma mi chiedo dove sia finito il “progetto-giovani”, come si possa pensare di valorizzare dei ragazzi mettendo in panchina uno di 68 anni che i giovani li ha sempre guardati con sospetto, uno che ha guidato la Lazio anagraficamente parlando più vecchia di tutti i tempi. Perché lanciare i giovani era l’obiettivo dichiarato di questa stagione, anche se gli obiettivi in casa Lazio cambiano rapidamente, visto che Tare a inizio stagione parlava di Champions League e di salto di qualità, poi dopo un paio di mesi aveva dichiarato che il vero obiettivo di questo anno di transizione era lanciare i giovani, motivo per cui era stato scelto Petkovic. E ora arriva Reja. Una società con un minimo di coerenza e di progettualità, dovendo traghettare la nave in porto avrebbe scelto una soluzione interna, ad esempio con uno come Bollini che con i giovani ci lavora da sempre e li sa sia far crescere che valorizzare. Invece no, si torna indietro, con una scelta che sancisce la vittoria del gruppo dei “senatori”, quelli che prima hanno fatto la guerra a Petkovic e che poi quando lui li ha riportati in squadra sacrificando qualche giovane lo hanno scaricato del tutto. E in questo caos, Lotito ha scelto Reja, affidandogli il ruolo di Mr Wolf di “Pulp fiction”, magistralmente interpretato da Harvey Keitel
Edy Reja è stato chiamato per “risolvere un problema”: non grosso come quello del 2010, ma comunque abbastanza grosso da convincere Lotito ad optare per uno stra-usato garantito, piuttosto che sul duo Bollini-Inzaghi. Perché ha capito che ora c’è da salvare il salvabile, che l’unica cosa che conta è evitare di affondare, poi, si vedrà. Perché tanto, quando al di la delle parole e dei proclami l’unico progetto reale è quello di tirare a campare, il nome dell’allenatore conta poco o niente. Come non conta giocare bene o male, ma arrivare il prima possibile a quota 40 punti per restare in Serie A e conservare il diritto a incassare quella sessantina di milioni di euro garantiti dai diritti tv. Quelli che servono per continuare a galla, per tirare avanti senza infamia e senza lode, sperando ogni tanto in qualche “botta di c***” da spacciare come “frutto del progetto”. E’ così da quasi 10 anni, sarà così fino all’ultimo giorno di questa gestione. Con la speranza che la fine sia sempre più vicina e con la certezza che ogni giorno che passa è un giorno in meno…
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Pensieri e Parole sugli aquilotti 2013/2014
Il sogno di Bigiarelli, la nostra vita: auguri Lazio, dal 1900 orgoglio di Roma
Roma è ancora vergine, non esiste traffico, l'aria è pura e il Tevere scorre placido, accarezzando i ponti che lo sovrastano. Non c'è il rumore dei clacson, i gas non inquinano il respiro, le mura raccolgono gli echi delle carrozze che si perdono nei vicoli lasciando, a sera, la traccia luminosa delle loro lanterne.
Luigi Bigiarelli vive di sogni, entra ed esce da casa sua, in Vicolo degli Osti 15, lì vive con il fratello Giacomo, in quell'appartamento al primo piano coltiva sogni. E' un ragazzo di 25 anni con un'idea precisa: vuole fare sport. Ama correre Luigi, aumenta l'andatura, suda, sfida i limiti, scarica a terra le scorie di una guerra combattuta con l'animo ancora bambino. Adua è il passato, il XX secolo porta aspirazioni e voglia di cambiare le cose. Lo sport, a Roma, è per pochi. I circoli che si adagiano sulle rive del Tevere sono riservati ai ceti abbienti, a quei signori che possono permettersi di pagare rette salate per praticare l'attività ginnica e poi passare la serata nei salotti immersi nel fumo delle pipe tra un sorso di buon whisky e una partita a bridge. Luigi è tagliato fuori, ma non si arrende. La suggestione dei racconti olimpici è troppo forte, il talento pulsa e trova la strada per emergere, anche quando le contingenze sono lì per reprimerlo. Il 9 gennaio, i fratelli Bigiarelli, chiudono la porta di casa, si lasciano alle spalle Piazza Navona e si dirigono sul lungotevere, percorrono poco più di un chilometro e attraversano Ponte Regina Margherita. Le panchine di Piazza della Libertà, all'ombra del Cupolone, sono il ritrovo giusto per esporre l'idea agli amici di sempre. E' gennaio, ma non fa particolarmente freddo, Odoacre Aloisi, Alceste Grifoni, Giulio Lefevre, Enrico Venier, Galileo Massa, Alberto Mesones e Arturo Balestrieri ascoltano rapiti le parole di Luigi e subito esclamano la loro approvazione. Lazio sarà il nome. La Ginnastica Roma impedisce di acquisire quello della città. Ma è meglio così. Roma è titolo sacro, da rispettare, da lasciare immacolato nel riverbero della sua storia. Non è necessario prendere il nome dell'Urbe Eterna per fregiarsi di una romanità che scorre nelle vene del nuovo sodalizio.
Meglio Lazio, richiamo al "Latium Vetus", al territorio sul quale Roma venne fondata. Scelsero un'aquila come simbolo. Emblema di romana fierezza e libertà e la Lazio è tutto questo. E' questa la Lazialità. E' essenza, non moda. E' tradizione ultracentenaria, non fusione voluta da un gerarca che di Roma sapeva nulla. Luigi Bigiarelli, invece, nell'Urbe era nato, così come suo padre, così come suo nonno. E così oggi, di padre in figlio, si trasmette la Lazio come gli onori che le nobili famiglie romane tramandavano di generazione in generazione.
E dopo 114 anni siamo ancora qui. Nonostante tutto e Luigi, da lassù, ammira inorgoglito. La sua Lazio è una quercia possente, non un piccolo arbusto tenuto al riparo dalle intemperie. Il vento che soffia con prepotenza la piega, ma non la spezza e i fulmini che cadono non la bruciano. La temprano. Ha conosciuto la notte, l'ha affrontata, pronta -dalla sua altezza- a dare il bentornato al sole. Lei non ha santi in paradiso, non segue la massa, non dà retta ai tromboni. La nostra Lazio è il rifiuto dell'omologazione, è scelta libera, è appartenenza, non associazione. La Lazio è, non proviene da. E' qualità, non quantità, è virtù che ti sceglie, non vessillo da ostentare nei momenti più felici. Il suo volo è la nostra essenza, lascia senza fiato chi guarda dal basso, logora e fa invidia a chi il cielo non potrà mai toccarlo. E oggi è ancora il tuo giorno Lazio. Cuore di quei ragazzi che da un mese e mezzo sono chiusi dentro un carcere di Varsavia.
Stasera, quando a Piazza della Libertà saremo pronti a brindare al compleanno numero 114, fermiamoci un momento e fissiamo la mente su di loro e poi onoriamo la nostra Storia. Una Storia magnifica, fatta di momenti di gloria, ma vissuta sempre al limite, anche nelle difficoltà. Una storia che ha messo alla prova il nostro Amore, trovandolo sempre forte e degno. Una Storia che ci ha sollevato fino alle stelle e poi scaraventato a terra per vedere se fossimo abbastanza robusti da rialzarci con energia, sacrificio e dedizione alla causa, mai con arroganza e boria. La Lazio non si tifa, la Lazio si respira, si custodisce, si difende, si vive. E niente e nessuno potrà mai cambiarci. Niente e nessuno potrà mai toglierci la nostra anima. Il nostro cuore. La nostra Lazio.
Roma è ancora vergine, non esiste traffico, l'aria è pura e il Tevere scorre placido, accarezzando i ponti che lo sovrastano. Non c'è il rumore dei clacson, i gas non inquinano il respiro, le mura raccolgono gli echi delle carrozze che si perdono nei vicoli lasciando, a sera, la traccia luminosa delle loro lanterne.
Luigi Bigiarelli vive di sogni, entra ed esce da casa sua, in Vicolo degli Osti 15, lì vive con il fratello Giacomo, in quell'appartamento al primo piano coltiva sogni. E' un ragazzo di 25 anni con un'idea precisa: vuole fare sport. Ama correre Luigi, aumenta l'andatura, suda, sfida i limiti, scarica a terra le scorie di una guerra combattuta con l'animo ancora bambino. Adua è il passato, il XX secolo porta aspirazioni e voglia di cambiare le cose. Lo sport, a Roma, è per pochi. I circoli che si adagiano sulle rive del Tevere sono riservati ai ceti abbienti, a quei signori che possono permettersi di pagare rette salate per praticare l'attività ginnica e poi passare la serata nei salotti immersi nel fumo delle pipe tra un sorso di buon whisky e una partita a bridge. Luigi è tagliato fuori, ma non si arrende. La suggestione dei racconti olimpici è troppo forte, il talento pulsa e trova la strada per emergere, anche quando le contingenze sono lì per reprimerlo. Il 9 gennaio, i fratelli Bigiarelli, chiudono la porta di casa, si lasciano alle spalle Piazza Navona e si dirigono sul lungotevere, percorrono poco più di un chilometro e attraversano Ponte Regina Margherita. Le panchine di Piazza della Libertà, all'ombra del Cupolone, sono il ritrovo giusto per esporre l'idea agli amici di sempre. E' gennaio, ma non fa particolarmente freddo, Odoacre Aloisi, Alceste Grifoni, Giulio Lefevre, Enrico Venier, Galileo Massa, Alberto Mesones e Arturo Balestrieri ascoltano rapiti le parole di Luigi e subito esclamano la loro approvazione. Lazio sarà il nome. La Ginnastica Roma impedisce di acquisire quello della città. Ma è meglio così. Roma è titolo sacro, da rispettare, da lasciare immacolato nel riverbero della sua storia. Non è necessario prendere il nome dell'Urbe Eterna per fregiarsi di una romanità che scorre nelle vene del nuovo sodalizio.
Meglio Lazio, richiamo al "Latium Vetus", al territorio sul quale Roma venne fondata. Scelsero un'aquila come simbolo. Emblema di romana fierezza e libertà e la Lazio è tutto questo. E' questa la Lazialità. E' essenza, non moda. E' tradizione ultracentenaria, non fusione voluta da un gerarca che di Roma sapeva nulla. Luigi Bigiarelli, invece, nell'Urbe era nato, così come suo padre, così come suo nonno. E così oggi, di padre in figlio, si trasmette la Lazio come gli onori che le nobili famiglie romane tramandavano di generazione in generazione.
E dopo 114 anni siamo ancora qui. Nonostante tutto e Luigi, da lassù, ammira inorgoglito. La sua Lazio è una quercia possente, non un piccolo arbusto tenuto al riparo dalle intemperie. Il vento che soffia con prepotenza la piega, ma non la spezza e i fulmini che cadono non la bruciano. La temprano. Ha conosciuto la notte, l'ha affrontata, pronta -dalla sua altezza- a dare il bentornato al sole. Lei non ha santi in paradiso, non segue la massa, non dà retta ai tromboni. La nostra Lazio è il rifiuto dell'omologazione, è scelta libera, è appartenenza, non associazione. La Lazio è, non proviene da. E' qualità, non quantità, è virtù che ti sceglie, non vessillo da ostentare nei momenti più felici. Il suo volo è la nostra essenza, lascia senza fiato chi guarda dal basso, logora e fa invidia a chi il cielo non potrà mai toccarlo. E oggi è ancora il tuo giorno Lazio. Cuore di quei ragazzi che da un mese e mezzo sono chiusi dentro un carcere di Varsavia.
Stasera, quando a Piazza della Libertà saremo pronti a brindare al compleanno numero 114, fermiamoci un momento e fissiamo la mente su di loro e poi onoriamo la nostra Storia. Una Storia magnifica, fatta di momenti di gloria, ma vissuta sempre al limite, anche nelle difficoltà. Una storia che ha messo alla prova il nostro Amore, trovandolo sempre forte e degno. Una Storia che ci ha sollevato fino alle stelle e poi scaraventato a terra per vedere se fossimo abbastanza robusti da rialzarci con energia, sacrificio e dedizione alla causa, mai con arroganza e boria. La Lazio non si tifa, la Lazio si respira, si custodisce, si difende, si vive. E niente e nessuno potrà mai cambiarci. Niente e nessuno potrà mai toglierci la nostra anima. Il nostro cuore. La nostra Lazio.
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Pensieri e Parole sugli aquilotti 2013/2014
"Niente soldi ai polacchi, restiamo in carcere"
di Stefano Greco
“Neanche un euro di cauzione ai polacchi, restiamo in carcere fino al 28 gennaio”. Discorso chiuso. Da Varsavia arriva come una frustata la decisione di Alberto Corsino, Matteo Buttinelli e Daniele De Paolis, i tre ragazzi laziali ancora detenuti nel carcere di Bialoleka, annunciata su un quotidiano romano dal loro avvocato, Roberto Privitera. Il danno è fatto, la ferita è ancora aperta e profonda, da qui la decisione di mettere la parola fine, di non aggiungere un danno (economico per le famiglie) alla beffa già subita in questa vicenda a dir poco paradossale.
Giovedì, a Varsavia è in programma l’udienza in tribunale per discutere l’istanza di scarcerazione dietro pagamento di una cauzione presentata dal legale dei tre ragazzi ancora detenuti, ma nei giorni successivi Alberto, Matteo e Daniele hanno maturato la decisione di compiere questo gesto di protesta clamoroso. Con oggi sono 42 giorni che quei ragazzi sono rinchiusi nel carcere di Bialoleka, accusati di “adunata sediziosa” e condannati in un processo che a detta di tutti i presenti si è rivelato una vera e propria farsa, addirittura superiore a quella che aveva portato a quasi 200 arresti in presenza del nulla: nessuno scontro, nessun ferito in quella gelida serata di novembre in cui la Polizia di Varsavia, su ordine di chissà chi, ha compiuto quella retata, portando in carcere tanti ragazzi, ma anche donne e padri di famiglia che avevano il solo torto di essersi trovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Abbiamo tutti impressi nella memoria i racconti di quei giorni di follia, dei verbali fatti firmare senza tradurre quello che c’era scritto, delle accuse di disturbo alla quiete pubblica o di intralcio al traffico che in Italia spesso non vengono sanzionati neanche con una multa ma che a Varsavia a qualcuno sono costati giorni di carcere e una ferita che non si rimarginerà mai. Il tutto. Non dimenticheremo mai l’incapacità di agire o la mancanza di volontà (e di peso politico) del governo italiano e della Comunità Europea di fare pressioni sul governo polacco. Solo qualche nota ufficiale, un paio di visite quasi per chiedere clemenza, ma nulla più.
Davanti a tutto questo, con 42 giorni di carcere sulle spalle e la possibilità di uscire comunque il 28 gennaio (giorno in cui scadono i termini della custodia cautelare), i tre ragazzi hanno deciso di compiere un gesto clamoroso che è un atto di accusa verso tutto il sistema. Alberto Corsino ha già rinunciato ufficialmente al ricorso, Matteo Buttinelli e Daniele De Paolis no, ma il loro avvocato ha annunciato che, anche in caso di accoglimento dell’istanza, rinunceranno ad uscire in cambio del pagamento di 7200 euro di cauzione. E resteranno a Bialoleka fino al 28 gennaio.
Indipendentemente dall’idea che si è fatto ciascuno di noi su questa vicenda, il gesto di questi ragazzi non può lasciare indifferenti. Perché a Varsavia è successo un qualcosa che non si vedeva dai tempi in cui il muro di Berlino era ancora in piedi e bello solido, lì a separare l’Europa dal mondo dell’Est, quello in cui il termine “libertà” in molti casi era solo una parola scritta su un vocabolario, un concetto astratto, in alcuni casi un sogno. Quel sogno che portava tanti a rischiare la vita per scavalcare quel muro alla ricerca della libertà. Il gesto di questi ragazzi deve far riflettere e deve far vergognare chi ha assistito impotente a questo scempio, a questa sospensione dei diritti civili e a questa negazione assoluta della libertà che si è consumata quella sera del 28 novembre a Varsavia. Per questo motivo, indipendentemente da tutto, Alberto, Matteo e Daniele meritano un abbraccio e un applauso. Non sono eroi, ma sono uomini che hanno deciso di non accettare l’ennesimo ricatto, di pagare fino in fondo anche colpe che non hanno commesso pur di non piegarsi ad un sistema assurdo, marcio. E per questo, meritano il mio personale rispetto e quello di chiunque, avendo una coscienza, in cuor suo sa che quello che hanno vissuto quei tre ragazzi (e con loro tutti quelli finiti in carcere quel 28 novembre) sarebbe potuto succedere a chiunque di noi.
di Stefano Greco
“Neanche un euro di cauzione ai polacchi, restiamo in carcere fino al 28 gennaio”. Discorso chiuso. Da Varsavia arriva come una frustata la decisione di Alberto Corsino, Matteo Buttinelli e Daniele De Paolis, i tre ragazzi laziali ancora detenuti nel carcere di Bialoleka, annunciata su un quotidiano romano dal loro avvocato, Roberto Privitera. Il danno è fatto, la ferita è ancora aperta e profonda, da qui la decisione di mettere la parola fine, di non aggiungere un danno (economico per le famiglie) alla beffa già subita in questa vicenda a dir poco paradossale.
Giovedì, a Varsavia è in programma l’udienza in tribunale per discutere l’istanza di scarcerazione dietro pagamento di una cauzione presentata dal legale dei tre ragazzi ancora detenuti, ma nei giorni successivi Alberto, Matteo e Daniele hanno maturato la decisione di compiere questo gesto di protesta clamoroso. Con oggi sono 42 giorni che quei ragazzi sono rinchiusi nel carcere di Bialoleka, accusati di “adunata sediziosa” e condannati in un processo che a detta di tutti i presenti si è rivelato una vera e propria farsa, addirittura superiore a quella che aveva portato a quasi 200 arresti in presenza del nulla: nessuno scontro, nessun ferito in quella gelida serata di novembre in cui la Polizia di Varsavia, su ordine di chissà chi, ha compiuto quella retata, portando in carcere tanti ragazzi, ma anche donne e padri di famiglia che avevano il solo torto di essersi trovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Abbiamo tutti impressi nella memoria i racconti di quei giorni di follia, dei verbali fatti firmare senza tradurre quello che c’era scritto, delle accuse di disturbo alla quiete pubblica o di intralcio al traffico che in Italia spesso non vengono sanzionati neanche con una multa ma che a Varsavia a qualcuno sono costati giorni di carcere e una ferita che non si rimarginerà mai. Il tutto. Non dimenticheremo mai l’incapacità di agire o la mancanza di volontà (e di peso politico) del governo italiano e della Comunità Europea di fare pressioni sul governo polacco. Solo qualche nota ufficiale, un paio di visite quasi per chiedere clemenza, ma nulla più.
Davanti a tutto questo, con 42 giorni di carcere sulle spalle e la possibilità di uscire comunque il 28 gennaio (giorno in cui scadono i termini della custodia cautelare), i tre ragazzi hanno deciso di compiere un gesto clamoroso che è un atto di accusa verso tutto il sistema. Alberto Corsino ha già rinunciato ufficialmente al ricorso, Matteo Buttinelli e Daniele De Paolis no, ma il loro avvocato ha annunciato che, anche in caso di accoglimento dell’istanza, rinunceranno ad uscire in cambio del pagamento di 7200 euro di cauzione. E resteranno a Bialoleka fino al 28 gennaio.
Indipendentemente dall’idea che si è fatto ciascuno di noi su questa vicenda, il gesto di questi ragazzi non può lasciare indifferenti. Perché a Varsavia è successo un qualcosa che non si vedeva dai tempi in cui il muro di Berlino era ancora in piedi e bello solido, lì a separare l’Europa dal mondo dell’Est, quello in cui il termine “libertà” in molti casi era solo una parola scritta su un vocabolario, un concetto astratto, in alcuni casi un sogno. Quel sogno che portava tanti a rischiare la vita per scavalcare quel muro alla ricerca della libertà. Il gesto di questi ragazzi deve far riflettere e deve far vergognare chi ha assistito impotente a questo scempio, a questa sospensione dei diritti civili e a questa negazione assoluta della libertà che si è consumata quella sera del 28 novembre a Varsavia. Per questo motivo, indipendentemente da tutto, Alberto, Matteo e Daniele meritano un abbraccio e un applauso. Non sono eroi, ma sono uomini che hanno deciso di non accettare l’ennesimo ricatto, di pagare fino in fondo anche colpe che non hanno commesso pur di non piegarsi ad un sistema assurdo, marcio. E per questo, meritano il mio personale rispetto e quello di chiunque, avendo una coscienza, in cuor suo sa che quello che hanno vissuto quei tre ragazzi (e con loro tutti quelli finiti in carcere quel 28 novembre) sarebbe potuto succedere a chiunque di noi.
- rionePrati
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Pensieri e Parole sugli aquilotti 2013/2014
ROMA - Il bilancio d'esercizio della Salernitana 1919 approvato in data 28 ottobre 2013 dall'assemblea dei soci, ha determinato una perdita di esercizio pari ad euro 1.532.160 (alla data del 30 giugno 2012 il valore della perdita di esercizio risultava essere pari ad euro 30.697). I valori di bilancio del conto economico piu' significativi risultano essere i seguenti: ricavi da gare in casa ( euro 906.719), ricavi da abbonamenti (20.422), contributi in conto esercizio (278.775),sponsorizzazioni (340.000), proventi pubblicitari (1.630.903), contributi da Lega Pro ( 24.835), costi per tesserati (51.471), costi specifici tecnici ( 29.745), costi per vitto e alloggio (277.840), spese biglietteria ( 143.140), spese assicurative ( 20.596) spese amministrative (134.425), spese per pubblicita'(107.956), salari e stipendi (2.446.492), oneri sociali (805.440), trattamento fine rapporto (11.543), spese organizzative gare (36.027), oneri di gestione ( 50.936). La voce di ricavo "proventi pubblicitari ammontante ad euro 1.631 migliaia di euro" si riferisce ad introiti rivenienti da contratto stipulato con la correlata S.S. Lazio Marketing e Communication Spa per importo pari ad 1.450 migliaia di euro. (tuttosalernitana.com)
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Pensieri e Parole sugli aquilotti 2013/2014
Buon compleanno a Senad Lulic che oggi...è il 71° minuto quando Mauri serve Candreva in profondità che di prima la mette in mezzo...Lulic GHEOOOOOOO!
...come dicevo...buon compleanno a Lulic, idolo della tifoseria laziale, che oggi compie 28 anni!
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- doriangrey1983
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Pensieri e Parole sugli aquilotti 2013/2014
fede il tuo humor è sempre ineccepibile e dettagliatamente forte
07/08
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Pensieri e Parole sugli aquilotti 2013/2014
Lazio, i tifosi sulle radio: «Adesso perdete con la Juve»
Nell'etere romano alcuni supporters biancocelesti chiedono agli uomini di Reja di non favorire la rincorsa della Roma al primo posto in vista della sfida dell'Olimpico di sabato prossimo.
ROMA - Sette punti in tre partite di campionato, frutto di due vittorie e un pareggio. Più il passaggio ai quarti di Coppa Italia grazie al successo all'ultimo minuto contro il Parma. Ci sarebbe da essere molto contenti, ma non è pienamente così per molti sostenitori della Lazio in versione Reja: la preoccupazione che si coglie, infatti, dopo essersi sintonizzati sulle varie emittenti locali che raccolgono l'umore della tifoseria, o a giudicare dai vari 'social network', è che ora il trend positivo continui. Il motivo è detto esplicitamente: sabato prossimo all'Olimpico, per la 2ª di ritorno, arriva la Juventus di Antonio Conte, e c'è quindi in molti sostenitori la paura che Lulic e compagni, battendo o fermando almeno parzialmente i campioni d'Italia, possano fare un favore ai 'cugini' della Roma. "Ne avete presi 3 voi, ne prenderemo 4 o 5 noi", è l'auspicio di un supporter biancoceleste mentre un altro dice che "sabato i nostri devono perdere, punto e basta". Sembra di rivedere il film di Lazio-Inter del 2010, con Rocchi e compagni 'invitati' a perdere per non favorire la Roma in corsa per lo scudetto.
Nell'etere romano alcuni supporters biancocelesti chiedono agli uomini di Reja di non favorire la rincorsa della Roma al primo posto in vista della sfida dell'Olimpico di sabato prossimo.
ROMA - Sette punti in tre partite di campionato, frutto di due vittorie e un pareggio. Più il passaggio ai quarti di Coppa Italia grazie al successo all'ultimo minuto contro il Parma. Ci sarebbe da essere molto contenti, ma non è pienamente così per molti sostenitori della Lazio in versione Reja: la preoccupazione che si coglie, infatti, dopo essersi sintonizzati sulle varie emittenti locali che raccolgono l'umore della tifoseria, o a giudicare dai vari 'social network', è che ora il trend positivo continui. Il motivo è detto esplicitamente: sabato prossimo all'Olimpico, per la 2ª di ritorno, arriva la Juventus di Antonio Conte, e c'è quindi in molti sostenitori la paura che Lulic e compagni, battendo o fermando almeno parzialmente i campioni d'Italia, possano fare un favore ai 'cugini' della Roma. "Ne avete presi 3 voi, ne prenderemo 4 o 5 noi", è l'auspicio di un supporter biancoceleste mentre un altro dice che "sabato i nostri devono perdere, punto e basta". Sembra di rivedere il film di Lazio-Inter del 2010, con Rocchi e compagni 'invitati' a perdere per non favorire la Roma in corsa per lo scudetto.
S.S. Lazio 1900 "quelli che hanno portato il calcioSCOMMESSE a Roma"...
S.S. Lazio 1900 la società calcistica italiana più implicata negli scandali del calcioscommese...ancora parlano di moralità e etica sportiva...
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...ma lo scudetto la roma non l'ha già vinto ad ottobre!?
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Vabbè che con la Juve perdereste ugualmente non c è bisogno che vi "scansate"...contenti voi di fare nuovamente queste figure ridicole!rionePrati ha scritto:...ma lo scudetto la roma non l'ha già vinto ad ottobre!?
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Anche con l'inter che poi vinse il triplete non serviva...eppure c'è ancora qualcuno che crede il contrario...comunque sono cose che capitano nel calcio...anche i romanisti lo fecero in svariate occasioni...però se vuoi fare del moralismo guardando solo la lazio fai pure...Shailok ha scritto:Vabbè che con la Juve perdereste ugualmente non c è bisogno che vi "scansate"...contenti voi di fare nuovamente queste figure ridicole!rionePrati ha scritto:...ma lo scudetto la roma non l'ha già vinto ad ottobre!?
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ma sempre voi due siete